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Benvenuti al ConVivio ( Neoosteria con l’orto )

Il Buono che fa bene, Il Buono da mangiare

Il ConVivio è un’Osteria con l’orto, un luogo dove stare bene, un luogo di persone che mangiano insieme. Non ci interessa la globalità che rende tutti uguali non ci interessa la sperimentazione non ci interessa stupire con la fusion modaiola ci interessa la materia prima, quello che c’è dentro il piatto e non sopra il piatto. Ci interessa la semplicità della cucina delle mamme, la cucina delle tradizioni, la cucina di come si mangiava una volta. Prodotti buoni, sani, genuini, locali, a filiera corta provenienti da un’agricoltura rispettosa dell’ambiente.

«La ristorazione, attraverso le proprie scelte e le proposte ragionate, svolge da sempre un ruolo significativo nella valorizzazione di prodotti e territori. Per questo motivo gli osti segnalati nella guida, rappresentano dei veri e propri ambasciatori dei nostri messaggi, con la loro capacità di raccontare ogni più piccola sfumatura del lavoro che svolgono, facendo emergere la biodiversità delle produzioni alimentari, le vocazioni territoriali e il rispetto delle tradizioni» dichiara Gaetano Pascale, presidente di Slow Food Italia.

In questo borgo di Calabria, il ConVivio  offre un angolo ospitale, accogliente e attento alle esigenze di chi desidera gustare prodotti genuini e preparati con amore. I nostri piatti vogliono raccontare il cibo popolare e l’incontro dei sapori della tradizione con la voglia di mangiar sano e consapevole.

“Promuovere e valorizzare il territorio con i suoi prodotti, promuovere e valorizzare i prodotti con il suo territorio”. Non una banale osteria, ma un luogo dove territorio e artigiani del cibo contribuiscono in maniera sostenibile a salvare “il buono che fa bene” e a creare una comunità del cibo contro il colonialismo alimentare. 

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               La cucina con l’orto, da “mangiari” e condividere

Il ConVivio vuole proporsi come luogo di chi ama mangiare (e bere bene) e di chi vuole capire ciò che mangia (e ciò che beve). L’etimologia è evidente: ‘convivio’ da cum vivere, vivere insieme. Nel modo più semplice e immediato la parola propone un’identità fra l’atto del mangiare e quello del vivere. E, veramente, poiché il cibo è la sostanza della vita, ciò che la rende materialmente possibile, esso si presta più e meglio di ogni altra cosa ad essere assunto come metafora dell’esistenza. I due livelli – il materiale e il metaforico – s’intrecciano in modo inestricabile. I due termini dell’equazione – il cibo e la vita – si confondono l’uno con l’altro. L’uomo è “ciò che mangia” ma l’uomo è come mangia, da solo o in compagnia, con foga o parsimonia, di fretta o con lentezza, nel rispetto o nello spregio di ambiente e viventi, nella consapevolezza o cecità di ciò che è buono. L’ amore per il gusto, la qualità e la genuinità ci ha spinti alla ricerca di quei piccoli artigiani del cibo che vorremmo farvi conoscere assaporando i loro prodotti. Da noi troverete pertanto solo prodotti tipici d’eccellenza con alle spalle filiere agroalimentari sicure e rispettose dell’ambiente. Abbiamo inserito nel menù piatti con legumi perché i legumi  e gli ortaggi devono essere liberati dal ghetto di semplice contorno e dalla perdita di cultura alimentare, che ci vede all’ultimo posto per consumo di ortaggi e legumi. Avere, fare e curare un orto significa molte cose sfidare il degrado della cementificazione, educare alla bellezza del paesaggio, al rispetto dell’ambiente e avere ogni giorni a disposizione verdura fresca, buona e sana. 

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Cultura del cibo significa conoscere la provenienza, la storia, l’intelligenza, la fatica e la passione che stanno dietro ai sapori buoni e sostenibili. Il menù subisce costanti aggiornamenti in base alla freschezza ed alla naturale disponibilità del nostro orto, delle materie prime. La proposta cambia giornalmente all’ insegna della tradizione e della stagionalità con interpretazioni a volte moderne. Accettiamo di darti qualcosa che viene da lontano come il baccalà selvatico dell’Islanda perché lo merita. Nei piatti la cucina è del mediterraneo e quindi: qualità degli ingredienti, stagionalità anche del pescato, semplicità d’esecuzione e accoglienza con piatti che vogliono raccontare il territorio e l’incontro dei sapori della tradizione con la voglia di mangiare sano e sostenibile. i piatti che proponiamo sono fatti al momento. Questo significa per te il disagio di attendere qualche minuto in più per noi la sicurezza di provare ad offrire il massimo.

Utilizziamo solo olio extravergine d’oliva, sale integrale e serviamo tutti i giorni solo pane di grano duro macinato a pietra, paste artigianali essiccate a basse temperature e senza glifosato, e tra i piatti, spaghettoni Benedeto Cavalieri “a mollica”, struncatura, pasta Mancini con guanciale di maiale nero, legumi, verdure dal nostro orto, frittata di patate locali alla fiumefreddese, la ‘nduja di maiale nero, e nei festivi pasta china con caciocavallo di Ciminà e soppressata di maiale nero. Se disponibili troverete, crudi di pesce, piatti con funghi, carne podolica, tartufi di Soveria Mannelli e zafferano di Maierato.

In caso di intolleranze o allergie si è pregati di avvisare la cucina in anticipo.

*Il pesce fresco viene pretrattato con abbattitore di temperatura. Nell’Unione europea, la disposizione sulla somministrazione del pesce crudo è già in vigore da oltre dieci anni, grazie alla direttiva n. 853/2004, e prescrive un congelamento, preferibilmente mediante abbattitore, ad almeno -20°C, per non meno di 24 ore, dei prodotti della pesca che vanno consumati crudi o praticamente crudi.

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I Presìdi sono progetti che coinvolgono le comunità del cibo e salvaguardano razze autoctone, varietà vegetali, prodotti trasformati (pani, formaggi, salumi, vini…). I Presìdi Slow Food sostengono le piccole produzioni tradizionali che rischiano di scomparire, valorizzano territori, recuperano antichi mestieri e tecniche di lavorazione. Sono oltre 450 e coinvolgono 15.000 produttori. Il loro obiettivo è salvare prodotti tradizionali, artigianali e di qualità, rafforzando l’organizzazione dei produttori, valorizzando i territori di origine, preservando tecniche e saperi tradizionali e promuovendo modelli di produzione sostenibili.

*Cos’è la Struncatura ?

La struncatura, italianizzata in stroncatura, è un piatto tipico della Piana di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria. Per struncatura si intende un tipo di pasta, che originariamente era formata principalmente dai residui di farina e crusca della molitura del grano, con la particolarità che grazie al frumento integrale e alla crusca è un piatto sano con indice glicemico basso. La struncatura che utilizziamo proviene da grano dell’Aspromonte, quando reperibile.

 

MEDITERRANEAN COOKING

Welcome to ConVivio.
Convivio comes from cum vivere, living together. Simply and immediately, ConVivio proposes a synthesis of the art of of eating and that of living and sharing food. Food and life intertwine and mingle with each other.
The culture of food means knowing its origin, its history, the intelligence, the hard work and the passion which are found behind knowledge and healthy, wholesome tastes.
“ Promote and enhancing a terriroy with its products, promote and enhance products with its territory”, this is our proposal. Not a banal tavern but a place where territory and food artisans together contribute in a substainable and innovative way to save wholesome food and to place the basis to create an food communty uniting producers, restauranters and consumers.
TheConVivio wants to be the place for those who love to eat (and drink) well. We favor menus and specialties of the territory with a special attention to typology, quality, season, in order to promote mediterranean cooking, which is healthy, clean for the ebnironment and at the right price. Food will be offered at a fair price, guaranteed by environmentally sustainable production methods which also defend biodiversity.
Here you will find only typical products made by small producers (IGP,DOP and/or Slow Food certified), bearing food farming prodction chains which are safe and environment friendly. We have chosen to place in our menus green dishes since vegetables and legumes must be freed from the ghetto of side-dishes and from nutritionary culture, a last place in culinary hierarchy.
ConVivio is a place of sharing to live together, it is a place to recreate a hospitable climate typical of other times where human warmth and need to be together is like having friends at home.
The furniture is sober, a wise wine menu (also just in a calice or half bottles) and short menus with a great attention of prime materials, suppliers and the possibilty di share food of high quality.

“CONVIVIO”: A PLACE TO SHARE FOOD AND ALSO THE KITCHEN

The setting is “real”, not trendy or designed by an interior designer, popular amongst both young and old. At the tavern it isn’t important what surrounds the plate, we are interested only in what is in the plate. The kitchen for us is “femminine”, it is substance not appearance. It is not imposed or conceptualized as in the case of the trendy stellar chef world.
For us food and wine are chosen with respect to the land, biodiversity and the passion of small producers.
You drink only natural, organic wine at the tavern, no chemical additives, red and/or white wines in infinite combinations.
We don’t have a fixed menu, you eat what is available; certainly vegetables and home-made, artisan pasta, wholegrain bread, potato omelette, Belmonte tomatoes, legumes, sardines, eggplants, olives, blue fish, salted catalan codfish and season fruit.
Behind every good kitchen there is always a great farmer. In our case all produce are supplied by real and sincere people who farm without pesticides and fertilizers. The mediterranean diet is our identity, for food as well as in life-style.
Cold cuts and cheeses are to be limited but not avoided, to be eaten in the right serving size; we serve only cold cuts from non.intensive livestock of Calabria black pig. Pleasure and taste within a balanced diet with the right amounts of fibre, from cereals, and other nutrients of vegetable origin.
At the tavern there is no shouting, you don’t talk with nasty words such as spread, market, fusion, fashion etc tec. The tavern is a serious thing, antique motivations and emotions which involve the senses, taste and, above all, the need to be all together..
You don’t go to the tavern to be in a shop window, you go to be together and to share, ConVivio is inclusive not exclusive.
At the tavern the slogan is “Eatdrink less, eatdrink better”.
You go to the tavern because you believe in its ambience and its culinary proposal, not to enrich and laude the sorts of expensive food. Otherwise we would encourage trenders, masterchefs and all stellar chefs who are rigorously “male”. In the flavors of the village we find femminine personality traits which rise decisively and continuously, the knowledge and tastes of wholesome and good which we don’t want to abbandon.
Food and drink which are not consumed can be taken away. The good that goes away, no leftovers.

 

Prima del Primo e non solo

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Presìdi Slow Food

I Presìdi sono progetti che coinvolgono le comunità del cibo e salvaguardano razze autoctone, varietà vegetali, prodotti trasformati (pani, formaggi, salumi, vini…).

Il loro obiettivo è salvare prodotti tradizionali, artigianali e di qualità, rafforzando l’organizzazione dei produttori, valorizzando i territori di origine, preservando tecniche e saperi tradizionali e promuovendo modelli di produzione sostenibili.

Nero di Calabria 

Il Nero di Calabria è un suino che alla metà degli anni settanta ha rischiato l’estinzione per via della solita corsa al profitto che altri suini provenienti dal Nord Europa garantivano, grazie alla facilità d’allevamento, alla velocità d’accrescimento, e per la resa quantitativa a discapito della qualità. Il maiale rosa già dal Novecento anche in Calabria ha preso il sopravvento con allevamenti intensivi che non rispettano il maiale e l’ambiente, con trasformazione di prodotti sempre più industriali, omologati, dannosi per la salute, per l’ambiente e non rispettosi del benessere dell’animale. La carne del Suino Nero contiene un grasso di buona qualità; acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi della serie omega-3 e omega-6 sono in misura nettamente superiori nei neri in generale e a maggior ragione essendo allevati all’aria aperta. Le qualità nutrizionali del Nero calabrese gli sono valse la nomina di “Olio d’oliva a quattro zampe”.

Composizione di salumi calabresi da Nero di Calabria.. Queste razze suine sono tra le poche sopravvissute in Italia: di taglia piccola e mantello scuro, caratteristica delle razze suine autoctone italiane, sono allevati allo stato semibrado e brado e presentano tra i componenti nutrizionali gli omega 6. La particolarità del nero calabrese è data da una crescita “slow”, lenta, da contrapporre a quella del tradizionale maiale “rosa” da ingrasso. A questo è da ricondurre l’elevata qualità delle carni che caratterizza i suoi insaccati e prosciutti. La loro estinzione sarebbe una grave perdita per il patrimonio genetico, l’economia locale e il piacere gastronomico: il nero di Calabria offre carni di altissima qualità.

Baccalà catalano e baccalà islandese

Capire l’importanza delle proprietà nutrizionali del baccalà è fondamentale per chi necessita di alimenti poveri di grassi ma con ricchi contenuti proteici, vitaminici e di Sali minerali. Proprio grazie al suo basso contenuto di grassi (notevolmente minore rispetto alla carne rossa), il Baccalà, si è meritato il titolo di “Pesce Magro” per eccellenza; questa peculiarità lo ha portato ad essere presente nei piatti di chi deve seguire delle diete, come soggetti obesi o sovrappeso e in particolare in soggetti con patologie come l’ipertigliceridermia e l’ipercolesterolemia.Ràfols è un’impresa familiare che, da oltre 60 anni, si dedica alla preparazione di Baccalà dissalato tradizionale. E’ in Islanda che il pregiato merluzzo Atlantico (Gadus Morhua) viene pescato ad amo da piccole barche, aperto a “farfalla” e lasciato sotto il sale per almeno 3 mesi. Rafols seleziona i Baccalà più grandi che, sfilettati, reidratati, dissalati e porzionati a mano, vengono confezionati e immediatamente surgelati. La qualità, la selezione l’artigianalità hanno reso nel tempo quello che era “il pesce dell’entroterra”, o “ il pesce dei poveri”, uno dei più apprezzati pesci bianchi delle nostre tavole.

Cos’è la Struncatura ?

La struncatura, italianizzata in stroncatura, è un piatto tipico della Piana di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria. Per struncatura si intende un tipo di pasta, che originariamente era formata principalmente dai residui di farina e crusca della molitura del grano, con la particolarità che grazie al frumento integrale e alla crusca le viene conferito un aspetto doppiamente ruvido e grossolano che permette di mantenere e assorbire il condimento. Anticamente piatto dei poveri, è generalmente condita con ingredienti tipici della tradizione contadina quali olio extravergine di oliva, aglio, peperoncino calabrese, alici, olive e mollica di pane tostato.

La pasta si presenta in modo simile alle linguine, dal colore scuro e come detto dall’aspetto e consistenza ruvida, di una lunghezza di circa 40 cm, viene lavorata manualmente , seppur ormai da diversi pastifici artigianali. E’ un piatto sano grazie alla farina integrale e alla presenza di fibre alimentari

Il cibo da strada

Il classico street food fiorentino ha grande successo sui banchi dei trippai: il panino con il lampredotto (“gala” e “spannocchia”, stomaco del bovino) è un’istituzione per turisti e residenti. Si serve  con sale e pepe, con salsa verde oppure olio piccante.  A Palermo, capitale europea del cibo di strada,  al quinto posto nel mondo, secondo la rivista americana Forbes, dopo Bangkok, Singapore, Penang e Marrakech, non tramonta il leggendario pani câ meusa: milza (e qualche volta polmone) di vitello lessata e ripassata nella sugna e condita con ricotta salata.  Nella tradizione padana (e non solo) il quinto quarto è di maiale: a Isola Dovarese , in provincia di Cremona, si festeggia il Carnevale con frattaglie, fegato, cuore, piedi, cotiche, lingua, reni cucinati in piazza, mentre a Bergamo Alta,  la coda di manzo viene servita con insalatina di germogli  e petali di fiori, la lingua con gelato al cetriolo ed extravergine calabrese. In origine pajata e ritagli costituivano a Roma  il piatto  degli “scortichini”, gli operai del  mattatoio di Testaccio: la loro paga giornaliera era di un soldo più un sacchetto contenente gli scarti delle carni macellate (interiora, zampe, lingua).  Gli osti del rione li trasformavano in pietanze caserecce con cui gli operai potevano sfamare le famiglie. Ma le frattaglie diventano presto  un piatto gourmet da dopoteatro: all’uscita del Valle andavano tutti a mangiare trippa e cervello di agnello al Falcone, in piazza Sant’Eustachio, antica trattoria citata dal Belli nei suoi sonetti. Lo scrive nel 1841 l’erudito viaggiatore Antoine Claude Pasquin (noto con lo pseudonimo Valery) in “L’Italie confortable”.  Una Roma sparita in cui gli abitanti dei rioni si distinguevano con il nome delle interiora: “ I Trasteverini erano chiamati Magnaventricelli, quelli che popolavano la zona vicino al Tevere erano Magnafritto e Corata, i Regolanti, insediati nel rione Regola di fronte a Trastevere, sulla riva sinistra del fiume, erano canzonati come Magnacode, riconoscendo loro la priorità sull’usanza di cucinare la coda”, racconta Lejla Mancusi Sorrentino nel libro “Er mejo de la cucina romana”.

 

LA PITTA:

Ingredienti:

500 gr farina semintegrale
350 gr acqua tiepida
12 gr lievito (mezzo cubetto circa)
30 gr olio extra vergine di oliva
1 pizzico di sale (metterlo nella farina prima di impastare il resto)

Preparazione:

Sciogliete il lievito nell’acqua tiepida, versatelo sulla farina disposta a fontana e mescolate, aggiungete il sale e l’olio, mescolate ancora e impastate per circa 10 minuti, fino a quando non avrete ottenuto una pasta omogenea, liscia ed elastica.

Riponete l’impasto in una terrina oliata, copritela con un panno e fate lievitare per 4-5 ore. Trascorso questo tempo, riprendete l’impasto, sgonfiatelo e dategli la forma di una ciambella, poi copritela con un panno e fatela rilievitare per circa 2 ore.

A questo punto, adagiate la ciambella su una teglia foderata con carta da forno e infornate, in forno pre-riscaldato a 200 gradi per 20 minuti, o fino a quando la superficie della pitta non sarà ben dorata. Una volta ben cotta, lasciatela raffreddare, poi tagliatela orizzontalmente e farcitela con il morzello.

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Terremoto ad Amatrice. La perfetta amatriciana con i prodotti e i produttori locali

Continua la nostra ricognizione tra le attività dell’agroalimentare delle zone colpite dal sisma. E lo facciamo a partire dagli ingredienti del piatto simbolo di Amatrice e di questo terribile terremoto. Ecco la perfetta amatriciana (quella che aiuta i produttori locali).

Terremoto ad Amatrice. La perfetta amatriciana con i prodotti e i produttori locali

Amatriciana sì, ma che lo sia in tutto e per tutto. Mentre si ricorrono le iniziative di sostegno alle popolazioni colpite dal sisma del 24 agosto, molte delle quali si snodano intorno al piatto simbolo della città più duramente colpita, Amatrice, da cui prende il nome l’amatriciana. È importante che insieme alle donazioni si rimetta in moto, quanto prima la macchina produttiva e arrivi il sostegno all’economia locale. Insomma i 2 euro per ogni piatto venduto di amatriciana nelle migliaia di ristoranti che hanno aderito alla più diffusa iniziativa benefica sono importanti, ma diventano ancora più importanti se ogni piatto è capace non solo di inviare risorse finanziarie, ma anche di muovere indotto direttamente sul territorio. Lo si può fare solo modificando gli ingredienti visto che praticamente mai un piatto di amatriciana che ordiniamo al ristorante è realizzato con materie prime provenienti da amatrice.

Amatriciana sia, dunque, ma con i prodotti del territorio, e in questo caso ci allarghiamo al territorio compreso tra Lazio, Umbria e Marche, ovvero quelle aree che hanno avuto maggiori perdite.

Abbiamo così immaginato la ricetta della amatriciana, la abbiamo scomposta in tutti gli ingredienti (abbiamo lasciato da parte il sale e l’olio, visto che proprio non è zona ma per quest’ultimo potete optare per dell’ottimo olio sabino che comunque innesca benefici sull’economia reatina) e per ciascuno siamo andati a cercare i produttori, in zona, dai quali si possono ordinare.

Guanciale

Il sugo all’amatriciana vuole il guanciale, guai a confondersi: la pancetta lasciatela per altre preparazioni. Qui servono listarelle non troppo sottili diguanciale succoso e dal sapore intenso. È un salume che si produce a partire dalla gola del maiale, che dona una forma triangolare, con la parte magra al centro e il grasso intorno. Salatura e speziatura danno il caratteristico aroma che, in alcuni casi, si arricchisce anche di una lieve affumicatura. Almeno 60 i giorni di attesa prima che il guanciale sia pronto per essere tagliato e messo a sudare in padella dando così la base per il sugo. Il pomodoro si aggiunge in un secondo momento. Secondo la tradizione usando come parte grassa il solo grasso sciolto del guanciale, che in molti tolgono dalla pentola prima di aggiungere il pomodoro, possibilmente San Marzano, fresco o pelato.

Dalla zona tra i Monti della Laga e quelli Sibillini arrivano in Italia, soprattutto nelle regioni del centro, attraverso i canali della grande distribuzione i prodotti del salumificio Sa.No che si trova ad Accomuli: prosciutto e guanciale amatriciano. Nonostante la tragedia che ha colpito tutta la zona, i danni allo stabilimento non sono stati ingenti, e la produzione riprenderà al più presto. Ad Accumoli opera anche la Cooperativa GriscianoSerafino che segue i dettami del biologico, dall’allevamento semibrado del suino nero reatino, alla sua lavorazione e stagionatura. La vendita dei salumi al momento continua attraverso alcuni punti vendita Eataly.

Bisogna attendere qualche settimana per avere il guanciale del salumificio Berardi che rimanda a ottobre per la produzione di quest’anno, dato che quella dello scorso anno è esaurita da tempo. Servirà un po’ di tempo ma la lavorazione delle carni non dovrebbe subire ritardi perché il laboratorio di trasformazione nella zona di Campotosto sembra aver superato senza danni il sisma. Per ora, come detto qui sono attivi nelle operazioni di soccorso, avendo come base l’agriturismo Lo Scoiattolo, alle porte di Amatrice. Dalla zona tra i Monti della Laga e quelli Sibillini arrivano in Italia, soprattutto nelle regioni del centro, attraverso i canali della grande distribuzione i prodotti del salumificio Sa.No. che si trova ad Accumoli: prosciutto e guanciale amatriciano. Nonostante la tragedia che ha colpito tutta la zona, i danni allo stabilimento non sono stati ingenti, e la produzione riprenderà al più presto. Ad Accumoli opera anche la Cooperativa GriscianoSerafinoche segue i dettami del biologico, dall’allevamento semibrado del suino nero reatino, alla sua lavorazione e stagionatura. La vendita dei salumi al momento continua attraverso alcuni punti vendita Eataly.

Pecorino

A complemento di questo sugo robusto e saporoso non può mancare il formaggio: pecorino romano, sapido e lunghissimo nel sapore. I molti allevamenti della zona stanno man mano verificando l’entità dei danni, e anche nelle situazioni meno tragiche qualche capo è andato perduto, la carenza di acqua è un problema da risolvere quanto prima, insieme alla messa in sicurezza delle strutture e, in alcuni casi, al riallaccio di luce e gas, fondamentali per la lavorare e conservare il latte.

Ad Amatrice il latte di molti degli allevatori della zona viene conferito ai fratelli Petrucci, che meno di un anno fa avevano affiancato allo stabilimento di Rieti anche il Caseificio Storico di Amatrice. Attualmente lì non c’è gas, quindi la produzione è ferma. Il latte, seppur con tutti gli ostacoli alla mobilità di questi giorni, viene raccolto quotidianamente e lavorato a Rieti. I loro prodotti, tra cui il pecorino matriciano, si trovano in tutta Italia, nei canali della grande distribuzione, con il marchio Caseificio Storico di Amatrice.

Nonostante il punto vendita di Amatrice non ci sia più e l’azienda abbia subito pesanti perdite, soprattutto nelle zone rivolte verso i monti Sibillini e quelli della Laga, il gruppo agroalimentare Grifo continua la produzione negli stabilimenti umbri, a Norcia e Colfiorito. Superando anche in questo caso le molte difficoltà nelle vie di comunicazione la raccolta giornaliera del latte è ripresa, mentre la vendita prosegue negli indirizzi umbri.Nonostante il punto vendita di Amatrice non ci sia più e l’azienda abbia subito pesanti perdite, soprattutto nelle zone rivolte verso i monti Sibillini e quelli della Laga, il gruppo agroalimentare Grifocontinua la produzione negli stabilimenti umbri, a Norcia e Colfiorito. Superando anche in questo caso le molte difficoltà nelle vie di comunicazione la raccolta giornaliera del latte è ripresa, mentre la vendita prosegue negli indirizzi umbri.

Per ora ci sono solo per i formaggi, pecorini e ricotte soprattutto, ma a breve inizierà la stagione della lavorazione degli insaccati e dei salumi e per quella data assicurano, dalla cooperativa Rinascita 78, che saranno pienamente operativi. Almeno per quanto riguarda i lavori di norcineria, con guanciali, salsicce e altri salumi. Non ci sono previsioni invece per le lavorazioni delle carni fresche. Ci vorrà del tempo, anche perché i danni subiti sono stati ingenti nella struttura di Illica, che ospitava anche il punto vendita, e nell’agriturismo con annesso shop di Grisciano. L’azienda segue l’intera filiera casearia, dall’allevamento semibrado alla stagionatura naturale del pecorino. I prodotti in questo momento si trovano solo presso il negozioDal Caciaro, a Quintodecimo di Acquasanta terme (AP).

La pasta

Filiera chiusa per il pastificio di Alice Alessandrini che coltiva grano duro (anche Senatore Cappelli) sui Sibillini, tra i 500 e i 1000 metri di altitudine, e produce pasta secondo metodi artigianali, con essiccazione intorno ai 40° per almeno 36 ore. I diversi formati di pasta del marchio Regina dei Sibillini, sono ben presenti nelle gastronomie del centro Italia e in alcuni negozi del nord.

 

Salumificio Sa.No |Accumoli (RI) | via Salaria Nuova, km. 141,900 | tel 0746 80565|http://www.sano-salumi.com/

Grisciano Serafino | Accumoli (RI) | via Salaria, km. 13,200 | tel. 076 80626

Regina dei Sibillini | Montefortino (FM) | via R. Papiri, 30 | tel. 366.3261658 |http://www.reginadeisibillini.it/

Salumi Berardi | Campotosto (AQ) | Poggio Cancelli | tel. 0862 909260http://www.salumiberardi.it/

Petrucci formaggi | Rieti | via Angelo Maria Ricci, 111 | tel. 0746 204688 |http://www.petrucciformaggi.com/

Gruppo Grifo Alimentare | Ponte San Giovanni (PG) | Strada dei Loggi, 59 | tel. 075 597021 | http://www.gruppogrifo.it/

Cooperativa Rinascita 78 | Accumoli (RI) | http://www.rinascitacoop78.it/

Regina dei Sibillini | Montefortino (FM)| via R. Papiri, 30 | tel. 366 3261658 |http://www.reginadeisibillini.it/

a cura di Antonella De Santis

 

Ricette del ConVivio

Frittata di patate di  Fiumefreddo Bruzio, senza uovo!                                                                                   (a cura di Francesco Iorio)

 

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Nonostante sia così chiamata non annovera tra i suoi ingredienti le uova. Piatto dell’antica tradizione contadina preparato solo con patate, origano, basilico, aglio, un po’ di peperoncino piccante, un pizzico di farina ed una spolverata di pecorino grattugiato. Era conosciuta come “ U mursieddu” (si prendeva a morsi), i contadini usavano portarla nei campi per colazione insieme al pane e al vino.

Ingredienti: 1,2 kg di patate silane, 70 farina 1 o 2 , peperoncino tagliato grosso, un cucchiaio di origano, uno spicchio d’aglio, sale, basilico stagionalmente, una spolverata di pecorino , olio extravergine d’oliva.

Tagliate le patate a rondelle sottili, nè grosse nè trasparenti. Amalgamate l’origano, il peperoncino e salate quanto basta. Infarinate con le mani le patate e fate in modo che si leghino. Versate le patate nell’olio ben caldo e incoperchiate friggendole per circa 15 minuti a fuoco moderato, quando il fondo è ben dorato, rigirate la frittata e aspettate, senza coperchio, che sia dorata la parte superiore. Spegnete il fuoco  e potete servire accompagnando con un buon vino autoctono.

Arriviamo così a una preparazione che rappresenta uno dei più preziosi documenti antropologici del nostro Paese, la Filiciata: è una cagliata fresca adagiata su foglie di selci, dalle quali prende non soltanto il nome ma anche l’aroma.

Delicatissima, emoziona a ogni boccone, per il carico di storia contadina che si porta dietro.

COSA È LA STRONCATURA?

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Non sono davvero in molti, ahimè a conoscere la stroncatura, infatti se non siete mai stati in Calabria difficilmente l´avrete mangiata e sicuramente non ne avete mai sentito parlare anche perché sono molti i calabresi stessi che non la conoscono. Veniva prodotta solo nella piana di Gioia Tauro ma oggi già si trova in tutto il territorio calabrese.

La stroncatura è un tipo di pasta chiamata anche la pasta dei poveri, perché nel passato veniva prodotta in casa utilizzando le “scopature” ovvero gli operai dei panifici raccoglievano da terra con la scopa appunto, tutti i residui ci farina e crusca che avanzavano dalla molitura del grano. Veniva grossolanamente ripulita e venduta, per ovvie ragioni a prezzi ridotti. Quando risultava eccessivamente scura e dal sapore acido si utilizzava per alimentari galline e maiali.

Nel corso degli anni naturalmente è stata modificata mantenendo sempre un sapore e una callosità particolare attenendosi però alle più norme igieniche vigenti ed è proprio per questo che la possiamo trovare sulle tavole dei calabresi in più varianti. Le classi sociali meno abbienti ne facevano grande uso per l’economicità e per correggere il sapore o per attenuare il grado di acidità, usavano condirla con salse molto piccanti o con acciughe salate ed aglio.
Oggi l’uso della stroncatura è ancora vivo, naturalmente essa è stata migliorata: il colore scuro viene determinato dall’utilizzazione di farine integrali (frumento), mentre la “callosità” è dovuta non più a difetti di pastificazione, bensì all’uso di grano duro ed alla grossolana crivellazione della farina. Grazie al frumento integrale e alla crusca le viene conferito un aspetto doppiamente ruvido e grossolano che permette di mantenere e assorbire il condimento. E’ un piatto sano grazie alla farina integrale e alla presenza di fibre alimentari.

La ricetta classica sicuramente è quella con le alici e la mollica:

STRONCATURA ALICI E MOLLICA

Ingredienti:

  • 250 gr. di Stroncatura
  • Alici sott´olio o sottosale
  • Pangrattato
  • 1 Spicchio d´aglio
  • Olive nere
  • Olio extra vergine d´oliva
  • Sale e peperoncino q. b.

In una padella abbastanza capiente mettiamo a rosolare il pangrattato  con un cucchiaio di olio extra vergine d´oliva, quando è ben dorato ritiriamolo dal fuoco e mettiamolo da parte. Mentre lasciamo a scaldare l´acqua per la pasta mettiamo in una padella l ´aglio a rosolare insieme alle acciughe mescolando di tanto in tanto finché le alici non si sfalderanno. Solo allora aggiungiamo le olive nere.  Aggiustate di sale e aggiungete del peperoncino rosso a vostro gusto.

Quando l´acqua starà bollendo mettiamo la stroncatura a cuocere  e appena pronta scoliamola e la saltiamo in padella con parte della mollica abbrustolita e le alici.

Dopo aver preparato i piatti spolverare la stroncatura con la restante mollica e buon appetito.

Curiosità: La stroncatura nel passato era la pasta dei poveri perché veniva prodotta in casa utilizzando le “scopature”  ovvero raccogliendo da terra i residui misti di farina e crusca durante le operazioni di molitura del grano.

Lo Stocco di Mammola:

può essere preparato come antipasto, secondo piatto, o usato per la preparazione di sughi. Lo Stocco viene consumato con vino rosso locale, ad esempio rosso di Pellaro o con Cirò ed è considerato l’unico pesce che si accompagna con vino rosso.

Ricetta locale: Stocco alla Trappitara (alla frantoiana)
Lo “stocco alla trappitara” è un piatto tipico e tra i più noti del reggino. Si prepara in maniera antica nella “tiana” (recipiente di terracotta), usando ingredienti naturali: stocco, patate, pomodori, cipolla, olive, capperi ed olio extravergine d’oliva, che esaltano questa pietanza semplice e gustosa.
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INGREDIENTI
PER 4 PERSONE

600 g di stoccafisso, già ammollato
2 cipolle
300 g di polpa di pomodoro
1 peperoncino rosso piccante
1 bicchiere di vino rosso secco
300 g di patate
50 g di capperi sotto sale
50 g di olive nere, cotte al forno
1 ciuffetto di prezzemolo
olio extravergine di oliva
sale
Esecuzione
Sbucciate le cipolle, tagliatele a fettine molto sottili, fatele imbiondire in 5 cucchiai di olio in un tegame di terracotta, quindi unite la polpa di pomodoro, salate leggermente, aggiungete il peperoncino finemente spezzettato e fate cuocere per 15 minuti, mescolando spesso.
Sciacquate lo stoccafisso, asciugatelo tamponando delicatamente con carta assorbente da cucina e unitelo al sugo di pomodoro; bagnate con il vino e proseguite la cottura per 15 minuti.
Lavate le patate, sbucciatele, tagliatele a pezzi e unitele allo stoccafisso insieme con i capperi ben dissalati, le olive grossolanamente tritate e il prezzemolo, mondato, lavato e tritato. Proseguite la cottura per altri 20 minuti, unendo se necessario un mestolino di acqua calda, quindi togliete dal fuoco, regolate di sale e servite.

Vino abbinato:
Rosso di Pellaro
Note:
Era antica usanza nel reggino in particolare nella piana di Gioia Tauro che questa pietanza venisse offerta dal proprietario del frantoio ai suoi frantoiani tutte le volte che si crisciva l’olio e cioè si separava l’olio dall’acqua di lavorazione. Da qui il nome. Naturalmente lo stoccafisso veniva condito con l’olio di frantoio appena spremuto. Spegnere il fuoco e servire dopo averlo fatto riposare per qualche minuto. A piacere si possono aggiungere allo stocco le ventresche (trippiceji) del pesce. Può essere servito come secondo o piatto unico.

Caponata siciliana di melanzane

Lavate le melanzane, privatele del gambo e tagliatele a tocchetti senza sbucciarle. Mettetele in un colapasta e spolveratele abbondantemente di sale e lasciatele spurgare per circa un’ora.
Lavate le coste di sedano, mondatele con cura dai filamenti e tagliatele a tronchetti di mezzo cm. Tuffate i pomodori per pochi secondi in acqua in ebollizione quindi passateli sotto l’acqua fredda, pelateli, privateli dei semi e spezzettateli.
Snocciolate le olive e dividetele in due. Scaldate l’olio in una larga padella e fatevi soffriggere la cipolla fino a quando diventa color oro. Unitevi i pomodori e il concentrato e lasciate cuocere, a fuoco medio e senza coperchio, per un decina di minuti.
Insaporite con sale [poco] e pepe e aggiungete il sedano, le olive, i pinoli e i capperi ben sciacquati dal sale. Sciogliete lo zucchero nell’aceto e versatelo nel sugo, mescolando bene.
Lasciate cuocere a fuoco dolce per circa venti minuti in modo che si amalgamino i sapori e la salsa risulti piuttosto densa e ben legata. Sciacquate le melanzane sotto l’acqua corrente, asciugatele premendole leggermente dentro un canovaccio e friggetele, in due o tre volte, in abbondante olio ben caldo [180].
Quando saranno ben dorate, scolatele e passatele su un doppio foglio di carta da cucina. Una volta che saranno tutte pronte, aggiungetele alla salsa, mescolate e lasciate stufare dolcemente per cinque minuti.

La caponata si gusta fredda, a temperatura ambiente, cosparsa di basilico spezzettato. La caponata, conservata ben chiusa, in frigorifero si mantiene bene per due o tre giorni, guadagnando addirittura in sapore. Toglietela comunque dal frigo almeno un’ora prima di servirla.

Ingredienti: 1 kg di melanzane scure; 500 g (peso netto) di coste di sedano ricavate dal cuore; 400 g di pomodori di Belmonte da sugo ben maturi; 1 cucchiaio di concentrato di pomodoro; 100 g di olive verdi in salamoia; 50 g di capperi sotto sale; 1 cucchiaio colmo di pinoli; 1 bicchiere di aceto di buona qualità; 1 grossa cipolla di Tropea; 1 cucchiaio di zucchero; 2 cucchiai d’olio extravergine d’oliva; basilico; sale e pepe. Olio extravergine di oliva per friggere.

Ciambotta di verdure

Lavate le melanzane, mondatele e tagliatele a dadini senza sbucciarle. Lavate i peperoni, apriteli, mondateli dai semi e dalle costole bianche interne e tagliateli a quadrotti.
Tuffate per pochi secondi i pomodori nell’acqua in ebollizione, passateli nell’acqua fredda quindi pelateli, privateli dei semi e spezzettateli. Mondate le coste di sedano dai filamenti e tagliatele e tocchetti piccoli. Lavate le zucchine e tagliatele a rondelle di 1/2 cm circa. Pelate le patate, tagliatele a dadi e sciacquatele.
Scaldate l’olio in un largo tegame e fatevi appassire dolcemente le cipolla affettata. Quando comincia a prendere colore, versate nel tegame tutto quanto preparato e l’aglio tritato finissimo, rialzate la fiamma e, mescolando, fate insaporire le verdure per qualche minuto.
Salate, pepate e proseguite la cottura con il coperchio per circa tre quarti d’ora, mantenendo la fiamma a metà altezza. Controllate spesso e se necessario, unite qualche cucchiaio di acqua calda.
A fine cottura, regolate il sale e completate con abbondante basilico sminuzzato. Servite la preparazione fredda, a temperatura ambiente.

Ingredienti: 500 g di pomodori da sugo di Belmonte molto maturi; 2 melanzane lunghe; 2 peperoni gialli; 2 patate silane medie; 4 zucchine; 1 cuore di sedano; 50 g di olive verdi snocciolate; 3 cucchiai di olio extravergine d’oliva; 1 cipolla rossa di Tropea; 2 spicchi d’aglio; basilico; sale e pepe.

Regione:

Calabria

Ingredienti: 500 g di pomodori da sugo molto maturi; 2 melanzane lunghe; 2 peperoni gialli; 2 patate medie; 4 zucchine; 1 cuore di sedano; 50 g di olive verdi snocciolate; 3 cucchiai di olio extravergine d’oliva; 1 cipolla rossa di Tropea; 2 spicchi d’aglio; basilico; sale e pepe.

Parmigiana di zucchine

Tagliare le zucchine a fette alte 3-4 millimetri, infarinarle e passarle nelle uova sbattute con un pizzico di pepe. Friggerle in abbondante olio caldo o in alternativa cuocerle in forno a 180°C per 20 minuti. Scolarle man mano che saranno ben dorate e asciugarle, tamponandole leggermente, su carta da cucina. Salarle solo alla fine.
Rosolare la cipolla tritata in un filo d’olio, unire la salsa di pomodoro e profumare con due foglie di basilico. Portare a bollore, abbassare la fiamma, salare e continuare la cottura per 10 minuti, finché il sugo sarà denso. Affettare la mozzarella e grattugiare il parmigiano.
Versare due cucchiaiate di sugo in una teglia da forno e disporre un primo strato di zucchine. Su ogni fetta sistemare una fettina di mozzarella, un po’ di formaggio grattugiato e una macinata di pepe. Coprire con altre fette e versare abbondante sugo. Procedere fino ad esaurimento degli ingredienti finendo con il sugo e una spolverata abbondante di parmigiano.

Cuocere in forno a 200° per 30-40 minuti. Lasciar intiepidire la parmigiana prima di servire.

Polpette di acciughe

Fate ammorbidire l’uvetta in acqua tiepida. Staccate la testa delle acciughe, svuotatele e apritele togliendo contemporaneamente la lisca e la codina.
Lavatele sotto l’acqua corrente e asciugatele tamponandole con la carta da cucina. Mettetele sul tagliere e tritatele grossolanamente con il coltello.
Dividete in due lo spicchio d’aglio e strofinate le due metà nelle pareti di una ciotola. Dopo aver eliminato la crosticina, bagnate le fette di pane morbido con acqua fredda, strizzatele e raccoglietele nella ciotola preparata con le acciughe, un cucchiaio di prezzemolo tritato, gli albumi, il pecorino, i pinoli.
Amalgamate il tutto impastando a lungo con le mani quindi, prendendo un po’ di impasto per volta, formate delle polpette delle dimensioni di una piccola albicocca.
Infarinatele leggermente e friggetele per pochi minuti in abbondante olio ben caldo.
Scolatele, passatele su un doppio foglio di carta da cucina e servite le polpette ben calde, appena spolverate di sale.Una variante prevede in aggiuntai pinoli e l’uvetta ben asciugata.

Ingredienti:

600 g di acciughe fresche; 4 fette di mollica di pane; 1 cucchiaio di pinoli; 1 cucchiaio di uvetta; 2 albumi; 30 g di pecorino grattugiato; 1 spicchio d’aglio; prezzemolo. Per la frittura: olio d’oliva o ; poca farina integrale; sale.

Polpette di melanzane

Preparazione: 30 minuti + 30 minuti per il riposo
Sbucciate le melanzane, tagliatele a dadini e scottatele per quattro o cinque minuti in acqua salata in ebollizione. Scolatele e, quando si saranno intiepidite, strizzatele fortemente dentro un canovaccio in modo da asciugarle il più possibile.
Mettetele in una terrina e unitevi le uova intere, la mollica di pane grattugiata, il pecorino, il pepe, una cucchiaiata di prezzemolo tritato e l’aglio schiacciato.
Mescolate bene, impastando con le mani e lasciate riposare il composto per una mezz’ora.
Ungetevi leggermente le mani con poco olio, formate con il composto delle polpette ovali delle dimensioni di un’albicocca e introducete all’interno un dadino di caciocavallo di Ciminà.
Rotolate le polpette nel pangrattato e friggetele in abbondante olio d’oliva caldo [170°]. Dopo quattro o cinque minuti, quando saranno dorate, scolatele e passatele su un doppio foglio di carta da cucina.
Spolveratele di sale e lasciatele leggermente intiepidire prima di servirle.i

Ingredienti:

3 o 4 melanzane di forma piccola e allungata del peso complessivo di circa 6-700 g; 2 uova; 50 g di mollica di pane di grano duro raffermo; 3 cucchiai di pecorino del Monte Poro grattugiato; 1 grosso spicchio d’aglio; prezzemolo; 80 g di caciocavallo di Ciminà; sale e pepe; 100 g di pangrattato; olio di oliva per friggere.

Vignarola

Mondate i carciofi scartando le foglie esterne, la punta e la scorza dura del fondo. Divideteli in due, togliete l’eventuale fieno interno e tagliateli a spicchi, lasciandoli cadere in acqua acidulata con il succo di limone. Sgranate i piselli e le fave. Lavate la lattuga e tranciatela grossolanamente. Scaldate l’olio in un tegame e fatevi appassire i cipollotti affettati sottilmente insieme alla pancetta tagliata a dadini minuscoli.

Quando la cipolla sarà diventata trasparente, versate nel tegame carciofi, piselli e fave, mescolate e insaporite con sale e pepe. Quindi incoperchiate e lasciate cuocere dolcemente per circa dieci minuti. A questo punto aggiungete la lattuga e proseguite la cottura, sempre a fuoco lento per un altro quarto d’ora, fino a quando le verdure saranno tenere ma non sfatte.Non aggiungete acqua: le verdure dovranno cuocere solo con l’acqua di vegetazione. Servite la vignarola, calda o tiepida, come secondo piatto o, in porzioni più piccole, come antipasto.

 Ingredienti:

2 carciofi romaneschi (mammole) o 4 di varietà più piccola; 600 g di piselli peso lordo); 600 g di fave fresche (peso lordo); 1 piccolo cespo di lattuga romana di circa 200 g; 1 limone; 2 cipollotti freschi; 2 cucchiai d’olio extravergine d’oliva; 50 g di guanciale; sale e pepe.
Tipo cottura:
In tegame o Padella
Regione:
Lazio

Zuppa di pesce e lenticchie di Mormanno

Questa zuppa di pesce è un piatto unico, invitante e leggero. Ideale accompagnata da un buon pane croccante. La scelta del tipo di pesce da utilizzare è soggettiva, dipende dai gusti personali e dalla stagionalità. L’importante è tener conto dei diversi tempi di cottura delle varietà di pesce scelto, avendo cura di aggiungere il pesce alla zuppa seguendo la tempistica corretta.

           200 grammi di Seppie
200 grammi di Calamaro
100 grammi di Polpo

100 grammi di Gamberi
10 Alici o Acciughe
150 grammi di Lenticchie di Mormanno ( Presidio Slow Food)
bicchiere di Vino bianco
200 grammi di Passata di pomodoro
pizzichi di Peperoncino in polvere
pizzichi di Sale
Cipolla, rossa di Tropea
Sedano, gambo
cucchiai da tavola di Olio di oliva extravergine
bicchieri di Brodo vegetale
  1. Lessare le lenticchie in acqua con un po’ di sale e mettere da parte.
  2. Tagliare a tocchetti seppie, calamari, polpo. Sgusciare e pulire i gamberi. Pulire le alici.
  3. In una padella antiaderente soffriggere nell’olio cipolla, sedano e carota triturati. Aggiungere seppie, calamari e polpo. Sfumare con il vino, aggiungere il pomodoro, qualche pizzico di peperoncino e sale e un po’ di brodo. Lasciar cuocere per circa 15 minuti.
  4. Aggiungere  le alici e lasciar cuocere altri 10 minuti, aggiungendo se necessario brodo vegetale.
  5. Per ultimo aggiungere i gamberi e le lenticchie e lasciar cuocere ancora cinque minuti.

Pasta alla carbonara

Ingredienti (per 4 persone): 360 g di spaghetti, 4 tuorli d’uovo, 160 g di guanciale, 100 g di parmigiano e 50 g di pecorino, 2 g di pepe in grani.

Buttare la pasta in acqua bollente. Sbattere i tuorli d’uovo con il formaggio e la metà del pepe macinato. Rosolare il guanciale in una padella di ferro scolando il grasso in modo che il guanciale resti croccante. Tenere da parte il grasso. Scolare la pasta al dente. Mantecare in una ciotola la pasta con le uova montate, il pepe e il formaggio e un po’ del grasso tenuto da parte. Aggiungere alla fine il guanciale e completare con il pepe rimasto.

Ad alcuni piacciono di più le mezze maniche, i tubetti rigati o la calamarata orientale, piuttosto che gli spaghetti, solo tuorli perché alla fine gli albumi tendono sempre a fare l’effetto frittata  Per quanto riguarda il procedimento, uova da tenere assolutamente lontane dal calore, per evitare risultati ancora una volta più simili a una frittata che ad un cremoso piatto di pasta.

 Pasta alla amatriciana

Ingredienti per 5 persone

  • 500 g di spaghetti
  • 125 g di guanciale di Amatrice
  • un cucchiaio di olio di oliva extravergine
  • due dita di vino bianco secco
  • 6 o 7 pomodori San Marzano o 400 g di pomodori pelati
  • un pezzetto di peperoncino
  • 100 g di pecorino di Amatrice grattugiato, sale.

Preparazione

Mettere in una padella, preferibilmente di ferro, l’olio, il peperoncino ed il guanciale tagliato a pezzetti, la proporzione di un quarto, rispetto alla pasta, é tradizionale e sacra per gli esperti e, o si mette il guanciale, vale a dire la parte della ganascia del maiale, o non sono spaghetti all’AMATRICIANA, solo con esso avranno una delicatezza e una dolcezza insuperabili.

Rosolare a fuoco vivo. Aggiungere il vino. Togliere dalla padella i pezzetti di guanciale, sgocciolare bene e tenerli da parte possibilmente in caldo, si evita il rischio di farli diventare troppo secchi e salati e resteranno più morbidi e saporiti
Unire i pomodori tagliati a filetti e puliti dai semi (meglio prima sbollentarli, cosi si toglierà più facilmente la pelle e poi tagliarli). Aggiungete il peperoncino, aggiustare di sale, mescolare e dare 10 minuti di fuoco.
Togliere il peperoncino, rimettere dentro i pezzetti di guanciale, dare ancora una rigirata alla salsa. Servono 10 minuti con i pelati, qualcuno in più se usate i pomodori freschi. Nel frattempo avrete cotto la pasta al dente con poco sale, che andrà scolata e amalgamata  con la salsa e a fuoco spento una generosa spolverata di pecorino romano. Impiattate completando con il resto della salsa, il guanciale ben distribuito  e altro formaggio.

Rigirare e per chi lo desiderasse, aggiungere a parte altro pecorino.

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Pasta alla Norma

Ingredienti:
350 g di spaghetti; 800 g di pomodori San Marzano ben maturi; 600 g di melanzane scure; 2 spicchi d’aglio; 100 g di ricotta salata (cacioricotta) grattugiata; olio extravergine d’oliva; basilico; sale e pepe.
Mondate e lavate le melanzane quindi, senza sbucciarle, tagliatele a fettine sottili, cospargetele di sale fino e lasciatele spurgare per un’oretta dentro un colapasta.

Tuffate per un attimo i pomodori in acqua in ebollizione quindi passateli in acqua fredda e pelateli. Divideteli in due, privateli dei semi e tritateli finemente.

Fate scaldare due cucchiai d’olio in una larga padella e fatevi imbiondire gli spicchi d’aglio leggermente schiacciati quindi versatevi i pomodori e un paio di ciuffetti di basilico (sia il basilico che l’aglio andranno scartati una volta che il sugo sarà pronto).

Salate, pepate e lasciate cuocere a fuoco vivace per una decina di minuti. Sciacquate le melanzane e asciugatele premendole dentro un panno quindi fate scaldare abbondante olio nella padella dei fritti.

Mettete a cuocere la pasta e intanto friggete le fettine di melanzane fino ad averle ben dorate.
Via via che sono pronte, scolatele e passatele su un doppio foglio di carta da cucina.

Scolate la pasta al dente, versatela nella padella con il sugo caldo, spolveratela con metà della ricotta e con qualche foglia di basilico spezzettata e mescolate bene.

Dividete la pasta in quattro piatti e cospargete la superficie di ogni porzione con il resto della ricotta e con le melanzane fritte.

Per gustare in pieno questo piatto, tipico della città di Catania, ogni forchettata dovrebbe comprendere un po’ di pasta, ricotta, sugo di pomodoro e un pezzetto di melanzana.

Pasta con le sarde
Squamare 500 g di sarde freschssime raschiandole delicatamente con il coltello, poi tagliare le pinne e staccare la testa con le interiora. Aprirle a libro, staccare la lisca e infine lavarle a asciugarle. Lavare 400 g di finocchietti selvatici ed eliminare la parte più dura dei gambi. Cuocerli da 15 a 20 minuti (secondo quanto sono piccoli e teneri) in abbondante acqua salata e tirarli su con la schiumarola, conservando l’acqua di cottura che servirà per la pasta. Tritarli a coltello.
Tritare finemente una grossa cipolla chiara e farla appassire dolcemente in una padella ampia con 4 cucchiai d’olio extravergine. Quando diventa trasparente unire 4 o 5 filetti di acciuga e farli disfare nell’olio caldo, poi aggiungere un cucchiaio colmo di pinoli e la stessa quantità di uvetta passolina (acini piccolissimi, blu-nero) fatta prima rinvenire in acqua tiepida e asciugata. Rialzare la fiamma e aggiungere le sarde lasciandone da parte 4 o 5. Cuocerle a fuoco vivace per pochi minuti mescolando in modo che si disfino e, di seguito, aggiungere i finocchietti e una o 2 bustine di zafferano diluite in mezza tazza di acqua di cottura della verdura (se siete benestanti, invece della bustina, andrà ancora meglio un bel pizzico di pistilli). 2 o 3 minuti di fuoco vivace e il sugo è pronto: abbondante e non troppo asciutto. Regolare il sale.
Tostare a color nocciòla 2 cucchiai di mandorle in una padella senza alcun condimento e tritarle finissime a coltello.
Riportare a ebollizione l’acqua di cottura dei finocchietti, calare 400 g di bucatini e intanto cuocere in padella con un filo d’olio i filetti di sarde riservati, un paio di minuti per parte e salarli.
Scolare i bucatini molto al dente, versarli nella padella con i finocchietti e farli insaporire per un paio di minuti, mescolando. Distribuire la pasta nei piatti e cospargerla con la granella di mandorle. Completare con i filetti di sarde rosolati.

Paccheri o Tagliatelle al pesto di mare

Ingredienti
Paccheri o tagliatelle 320 g
Gamberi 400 g
Olio di oliva extravergine 30 g
Aglio 1 spicchio
Vino bianco  50 g
PER IL PESTO ALLA GENOVESE
Aglio 1 spicchio
Sale grosso q.b.
Olio di oliva extravergine 100 g
Basilico fresco 50 g
Pecorino grattugiato 50 g
Pinoli 15 g
Parmigiano reggiano grattugiato 70 g
 le tagliatelle Benedetto Cavalieri sono perfette per esaltare il condimento: catturano il sugo e ne restituiscono tutta la varietà di sapori.

 

Pasta al pesto e gamberi

Per preparare la pasta al pesto e gamberi iniziate dalla preparazione del pesto : pulite accuratamente le foglie di basilico con un panno pulito (se non siete certi della provenienza del basilico, potete immergere le foglioline delicatamente in una ciotola riempita di acqua fredda per sciacquarle. Quindi lasciatele asciugare completamente su un panno pulito. Poi prendete un mortaio e pestate l’aglio sbucciato con qualche grano di sale grosso: quando avrete ottenuto un composto cremoso unite le foglie di basilico aggiungendo dell’altro sale grosso (1). Con il pestello schiacciate il basilico ruotando pestello e mortaio in senso opposto (2): dovrà uscire del liquido verde brillante dalle foglioline. Aggiungete pinoli e formaggio continuando a pestare. Infine unite l’olio a filo (3) continuando mescolare bene gli ingredienti con il pestello fino ad ottenere una salsa omogenea. Tenete il pesto così ottenuto da parte.

Pasta al pesto e gamberi

Dopodiché mettete a bollire l’acqua della pasta e quando avrà raggiunto il bollore, salate. Nel frattempo dedicatevi alla pulizia dei gamberi (per un maggiore dettaglio potete consultare la nostra scuola di cucina su come pulire i gamberi). Prendete i gamberi e sciacquateli velocemente sotto abbondante acqua fredda. Poi staccate delicatamente la testa (4), privateli anche di zampette e carapace, insieme alla coda. Procedete incidendone il dorso e aiutandovi con un coltellino eliminatene l’intestino (5), facendo molta attenzione a non romperlo. A questo punto i gamberi sono pronti: tagliateli in piccoli tocchetti (6) che terrete da parte.

Pasta al pesto e gamberi

Prendete ora una padella ampia dal fondo antiaderente, versateci l’olio in cui fare rosolare uno spicchio di aglio intero (7) che appena sarà dorato potrete eliminare facilmente (8). Unite in padella i gamberi (9).

Pasta al pesto e gamberi

Sfumate con il brandy che lascerete evaporare (10), insaporendo con sale (11) e pepe. Mettete a cuocere la pasta (12).

Pasta al pesto e gamberi

e quando le bavette saranno piuttosto al dente, scolatele (tenendo da parte almeno 2-3 mestoli di acqua di cottura) e versatele direttamente nella padella con i gamberi (13); aggiungete un mestolo di acqua di cottura della pasta (14) per ultimare la cottura e impedire che si asciughi troppo: lasciate andare, mescolando per qualche istante finché non sarà completamente assorbita. Quando sarà pronta, spegnete il fuoco e versate il pesto (15),

Pasta al pesto e gamberi
Ingredienti:
350 g di spaghetti; 800 g di pomodori San Marzano ben maturi; 600 g di melanzane scure; 2 spicchi d’aglio; 100 g di ricotta salata (cacioricotta) grattugiata; olio extravergine d’oliva; basilico; sale e pepe.
Il nome di questo piatto, tipico della città di Catania, è un omaggio al concittadino Vincenzo Bellini e alla sua opera “Norma”.

 

Bucatini all’amatriciana

 Tuffate per pochi secondi i pomodori in acqua in ebollizione quindi passateli sotto l’acqua fredda, pelateli e tagliateli a filettini, privandoli dei semi.

Ripulite le fette di guanciale dalla parte esterna, tagliatele a listarelle e mettetele in una padella con un cucchiaio d’olio. Fate rosolare a fuoco vivace per qualche minuto fino a quando il guanciale avrà preso colore. Bagnate con un mezzo bicchiere di vino bianco e, appena poco sfumato, togliete dalla padella i pezzetti di guanciale insieme al grasso e teneteli da parte.

Versate nella padella i pomodori, salate e fateli cuocere a fuoco vivace per qualche minuto insieme al peperoncino e parte del grasso. Togliete dal sugo il peperoncino, rimettete parte del guanciale. Nel frattempo avrete messo a cuocere gli spaghetti con poco sale, scolateli molto al dente e versateli nella padella. Fateli saltare per tre minuti nel sugo con il grasso rimanente e con il pepe nero quindi spegnete il fuoco, spolverateli con il pecorino e amalgamate bene. Serviteli caldissimi con il guanciale.

Informazioni aggiuntive

Tipo ricetta:
Pasta secca
Ingredienti:
400 g di bucatini o di spaghettoni; 100 g di guanciale tagliato a fette spesse; 400 g di pomodori San Marzano ben maturi (fuori stagione, 200 g di pomodori pelati); 8 cucchiai di pecorino romano grattugiato; 1 cucchiaio d’olio extra vergine d’oliva; mezzo bicchiere divino bianco secco; pepe di mulinello; sale poco.

Spaghetti al pesto delle Lipari

Tuffate per qualche secondo i pomodori in acqua in ebollizione quindi passateli sotto l’acqua fredda, pelateli e privateli dei semi.

Mettete nel bicchiere del mixer le mandorle, i pinoli, le noci, lo spicchio d’aglio spellato e un pezzetto di peperoncino.

Frullate per un minuto fino ad avere un composto fine e omogeneo. Quindi fermate il motore e mettete nel bicchiere i pomodori, l’olio, le foglie di menta e il sale.

Frullate ancora per mezzo minuto e versate il pesto in una zuppiera. Cuocete gli spaghetti, scolateli al dente e versateli nella zuppiera. Mescolate bene e servite subito.

La salsa fredda farà intiepidire inevitabilmente la pasta: se la desiderate ben calda, potete appoggiare per qualche minuto la zuppiera con la salsa sopra la pentola dove sta cuocendo la pasta.

Tipo ricetta:
Pasta secca
Ingredienti:
350 g di spaghetti [o di pasta corta tipo fusilli o penne rigate]; 2 cucchiai di mandorle pelate; 2 cucchiai di pinoli; 2 cucchiai di gherigli di noce; 2 cucchiai d’olio extravergine d’oliva; 6 pomodori San Marzano ben maturi; 1 spicchio d’aglio; 10 foglie di menta [più o meno secondo il gusto]; peperoncino; sale

PASTA CON FAVE  E  GUANCIALE

  1. Togliete le fave dal baccello e sbollentate le fave col guscio in acqua salata per 4 minuti.
  2. Appena sbollentate, conservate l’acqua, togliete le fave e sgusciatele
  3. Crema di fave: prendete la metà delle fave sgusciate e frullatele insieme al pecorino, a due cucchiai di olio e a due cucchiai di acqua delle fave
  4. Tagliate il guanciale a fiammiferi e fatelo abbrustolire in padella antiaderente senza aggiungere nulla.
  5. Quando il grasso si è sciolto e il guanciale è croccante, toglietelo dalla padella e mettetelo a scolare su una carta assorbente.
  6. In quella stessa padella mettete a rosolare la cipolla tritata finemente e la metà di fave intere che avete tenuto da parte.
  7. Cuocete la in acqua salata, scolatele al dente e fatele saltare insieme al guanciale con le fave, aggiungendo l’acqua delle fave che avete tenuto da parte.
  8. Spegnete il fuoco, aggiungete la crema di fave, scaglie di pecorino, foglioline di maggiorana e pepe nero macinato al momento.
  1. 400 g di pasta a lenta essiccazione tipo lagane
  2. 500 g di fave fresche sgranate
  3. 100 g di guanciale
  4. 100 g di pecorino romano grattugiato
  5. ¼ di cipolla rossa
  6. sale
  7. pepe nero
  8. olio evo
  9. 1 mazzetto di maggiorana fresca

Pasta con fave e baccalà

Ingredienti per 4 persone:

250 gr. di baccalà Morro d’Islanda
250 gr. di candele trafilate al bronzo o paccheri o lagane
10 pomodorini
1 cipolla
10 olive nere taggiasche
1 spicchio d’aglio
1 manciatina di capperi salati di Pantelleria
250 ml. di olio extravergine di oliva
pepe nero in grani
sale groso integrale
100 gr. di pecorino
scorzette di cedro
250 gr. di fave bio
foglie di menta fresca

Preparazione:
  • Lasciare a bagno le fave dalla sera precedente.
  • Sciacquarle, riporle in un’acqua pulita con tocchetti grossi di sedano, carota e cipolla. Far cuocere 20 minuti a fuoco vivo. Filtrare, scolare, lasciando da parte un pò di brodo.
  • Frullare le fave, riporle di nuovo sul fuoco, salare, pepare. Tagliare il baccalà a tocchetti, riporlo un barattolo di vetro, ripieno d’olio fino a metà, con: pomodorini lavati spaccati a metà, cipolla, aglio, zafferano, pepe nero, sale rosso, qualche pistillo di zafferano, capperi dissalati, olive nere di Gaeta, scorzetta di cedro.
  • Cuocere in forno, a 60 gradi, per un’ora abbondante, con il barattolo ben chiuso e poggiato in una teglia piena d’acqua. Tagliare le candele: ogni candela in tre parti. .
  • Cuocerle in acqua salata, scolarle molto al dente. Tirare fuori il barattolo dal forno, prendere un pò di sapori e metterli in una padella con 2 cucchiai di olio di cottura, grattugiare il pecorino, tagliuzzare un pò del baccalà, saltare la pasta con i pomodorini, la cipolla, l’aglio, le olive, i capperi e il baccalà a pezzetti.
  • Impiattare con la crema di fave sul fondo, le candele mantecate, porre gli altri pezzi di baccalà sopra, decorare il piatto con il cedro, qualche pomodorino, qualche oliva, menta fresca, un goccio dell’olio di cottura ancora. Spolverare con un altro pò di pecorino e aggiungere un cucchiaio ancora di crema di fave.

Spaghetti con le acciughe e pomodorini

Ingredienti:
160 gr di spaghetti; 3 pomodori secchi sott’olio; 2 filetti di alici di Cetara sott’olio; 1 cucchiaio di capperi; 2 cucchiai di colatura di alici di Cetara; 1 spicchio di aglio; un pizzico di peperoncino; prezzemolo fresco tritato; 4 cucchiai di olio extravergine di oliva; pangrattato tostato

Spaghetti con le acciughe e pomodorini

Raschiate leggermente le acciughe, lavatele e asciugatele con la carta da cucina quindi diliscatele e sfilettatele. Lavate i pomodorini e spezzettateli grossolanamente scartando i semi.

Scaldate l’olio in una padella insieme al peperoncino e fatevi imbiondire gli spicchi d’aglio leggermente schiacciati.

Quando l’aglio avrà preso colore scartatelo, ritirate la padella dal fuoco e fatevi sciogliere i filetti di acciuga schiacciandoli con la forchetta nell’olio caldo.

Rimettete la padella sul fuoco, versatevi i pomodori e fateli cuocere scoperti, a fiamma vivace, per qualche minuto in modo che si asciughino un poco senza tuttavia perdere il sapore di crudo. Non aggiungete sale.

Cuocete gli spaghetti e scolateli al dente quindi fateli saltare per un minuto nel sugo e serviteli ben caldi.

Pasta con le acciughe e la mollica

Ingredienti:

350 g di spaghetti; 100 g di acciughe salate; 400 g di pomodorini a ciliegia; 3 cucchiai d’olio extravergine d’oliva; 2 spicchi d’aglio; peperoncino

Spellate e tritate finemente la cipolla e lo spicchio d’aglio. Raschiate le acciughe, sciacquatele brevemente e sfilettatele.

Scaldate tre cucchiai d’olio in una padella e fate rosolare dolcemente il trito con un pizzico di peperoncino tritato.

Quando le cipolle sono ben appassite, unitevi le acciughe e, mantenendo la fiamma al minimo, schiacciatele con la forchetta fino per farle disfare.

Grattugiate la mollica ottenendo un pangrattato a grana grossa. Scaldate un cucchiaio d’olio in una padella, unite il pangrattato e, mantenendo la fiamma bassa e mescolando continuamente, fatelo rosolare fino a colore oro scuro.

Lessate gli spaghetti, scolateli al dente e conditeli con la salsetta di acciughe. Dopo averli distribuiti nei piatti, spolverateli abbondantemente con la mollica rosolata.

Pasta con la mollica

Raschiate leggermente le acciughe, sciacquatele, asciugatele e spinatele. Scaldate la metà dell’olio in una piccola padella, unitevi le acciughe e fatele disfare, tenendo la fiamma al minimo quindi unitevi i capperi sciacquati e asciugati e spegnete.

Scaldate il resto dell’olio in una padella e fatevi imbiondire dolcemente la mollica di pane.

Cuocete la pasta, scolatela al dente e conditela con il soffritto di acciughe quindi versatela nella padella con la mollica e fatela saltare per qualche minuto con aggiunta di acqua di cottura.

Servite la pasta con un’abbondante macinata di pepe.

Ingredienti:

400 g di spaghettoni; 80 g di acciughe sotto sale; 4 cucchiai d’olio extravergine d’oliva; 1 cucchiaio di capperi sotto sale; 3 cucchiai colmi di mollica grattugiata di pane di grano duro raffermo; 2 spicchi d’aglio; sale e pepe.

Tipo cottura:

In tegame o Padella

Polpo e patate in insalata

 Data la consistenza delle sue carni, il polpo, specialmente se è un esemplare di grossa taglia, ha bisogno di un trattamento che serva a sfibrarlo.

Appoggiatelo sul lavello e battetelo più volte con un batticarne o con un pestello insistendo, ovviamente, sulle parti più spesse quindi, se già non l’ha fatto il pescivendolo, rovesciate la sacca e svuotatela completamente dalle interiora.Rovesciatela ancora ed eliminate gli occhi e il becco posto nella parte inferiore in mezzo ai tentacoli. Infine lavatelo tenendolo sotto il getto dell’acqua e strofinandolo bene, fino a quando avrà perso il viscidume superficiale [per questa operazione potete usare una spugnetta abrasiva nuova].

Tuffatelo in abbondante acqua salata in ebollizione, coprite e lasciatelo cuocere dolcemente per circa un’ora, fino a quando sarà tenero [quando si prepara il polpo lessato, occorre fare attenzione al punto di cottura: se non è ben cotto risulta duro e indigesto, se lo è troppo si staccano le ventose, la carne tende a sfibrarsi e la pelle diventa viscida.

Il modo migliore per provare la cottura è quello di pungere un tentacolo con uno spiedino: se penetra con facilità il polpo è cotto al punto giusto]. Lessate anche le patate mettendole con la buccia in acqua inizialmente fredda quindi pelatele e tagliatele a fette spesse.

Quando il polpo è cotto, tiratelo su e spellatelo, passandolo leggermente con un coltello, facendo attenzione a non staccare le ventose. Tagliatelo a pezzetti e accomodatelo sul piatto da portata alternandolo con le patate.

Scartate l’aglio e mescolate l’olio con il succo di limone, il prezzemolo tritato, sale pepe. Distribuitelo su polpo e patate e servite la preparazione tiepida o fredda. Potete preparare l’olio aromatizzato in pochi secondi, utilizzando il forno a microonde.
Versate l’olio in una ciotolina e unitevi l’aglio spezzettato quindi fate funzionare il forno per 15-20 secondi alla massima potenza. Con questo sistema potete ottenere rapidamente l’olio aromatizzato in qualunque modo, utilizzando erbe aromatiche fresche: salvia, rosmarino, dragoncello, timo, erba cipollina ecc.

 Ingredienti:

1 polpo verace del peso di circa 1 kg; 500 g di patate a polpa gialla; 3 cucchiai d’olio extravergine d’oliva; 1/2 limone; prezzemolo; 2 spicchi d’aglio affettati e tenuti in infusione nell’olio per qualche ora*; sale e pepe
Tipo cottura:
Bollitura
Autore:
Annalisa Barbagli
Autore:
Annalisa Barbagli
Consiglio:
Il polpo migliore, tenero e saporito, con un forte profumo di mare, è quello di scoglio (Octopus vulgaris) chiamato anche “polpo verace”. Si riconosce facilmente perché i tentacoli hanno due file parallele di ventose e, se freschissimo, ha la pelle di un colore marrone chiaro marezzato con sfumature rosee. Può raggiungere dimensioni notevoli anche se quelli che si trovano comunemente in commercio pesano al massimo due chili. Prima di cucinare un polpo di grosse dimensioni (oltre i 5-600 gr) occorre batterlo, con un pestello o con un batticarne, insistendo sulle parti più spesse dei tentacoli in modo da sfibrarlo e renderlo tenero.
POLPO FRITTO

La ricetta che segue è un’antico piatto delle osterie salentine, che veniva di solito servito assieme ai carciofi, fritti anch’essi, e alle uova sode. Essenziale, per la sua buona riuscita è che i polpi siano freschi, ben battuti e piccoli (indicativamente, di un peso complessivo al di sotto dei 500 g).

L’operazione della battitura andrebbe fatta sugli scogli, con il polpo appena pescato, finchè questo non si “arriccia”: altrimenti, potete tenerlo in congelatore, da uno a tre giorni (l’acqua contenuta nelle fibre si ghiaccia e le rompe) e farlo scongelare in frigo. Oppure, mettere  il polpo in un sacchetto di plastica assieme a del sale grosso, dell’acqua e dei cubetti di ghiaccio. Battere intensamente per circa 10-15 minuti (come fareste con il pandoro e lo zucchero a velo). Si formerà moltissima schiuma e questo é normalissimo. Questo procedimento serve a far arricciare il polpo ed a renderli più teneri..Rimuovere i polipetti dal sacchetto, sciacquarli sotto acqua corrente e tagliarli a pezzetti. Asciugare con della carta assorbente ed infarinare

Una volta fatta questa operazione, pulire il polpo  bene e tagliarlo a pezzettini piccoli, 1,5-2cm al massimo. Infarinare con semola o con farina e far friggere in abbondante olio d’oliva, fino a quando la panatura è dorata. Servire caldissimo, con sale al bergamotto e una spruzzata di limone o, se piace, un po’ di aceto.

1

Alici marinate e frisella al pomodoro

Alici marinate:
Pulire e spinare le alici, staccando con le mani la testa e le interiora e sciacquandole sotto l’acqua corrente. Asciugarle con carta da cucina e immergerle per un quarto d’ora nell’aceto.
Scolarle, asciugarle ancora e sistemarle in due o più strati una terrina coprendole abbondantemente di olio. Completare con i peperoncini lasciati interi (profumeranno l’olio senza aggredire troppo le alici) e la scorza del limone grattugiata grossolanamente.
Ben coperte d’olio si conservano in frigorifero anche per due, tre giorni.
Immergere per qualche secondo le friselle di grano duro in acqua e sale. Strofinarle con i pomodori spaccati a metà (la tradizione vuole che non si utilizzi assolutamente il coltello perché deve essere la superficie rugosa e frastagliata delle friselle a “ferire” la buccia del pomodoro); quando tutto il succo e la polpa avranno ben bagnato la frisella eliminare la buccia.
Condire con abbondante olio, qualche granello di sale grosso pestato e foglioline di origano fresco, quindi spezzare le friselle in grosse briciole.
Accomodare le friselle nel piatto e completare con due alici marinate, un po’ di scorza di limone e un peperoncino.La variante prevede al posto delle alici marinate alici sott’olio

Alici in tortiera con origano, Alici arricanate

Alici in tortiera con origano

Le alici

Ingredienti per 4 persone

Alici di Pozzuoli gr 800
Olio extravergine di oliva e aceto di vino bianco q.b.
Aglio spicchi 2 o 3
Pane raffermo gr 200
Sale q.b.

Origano

La mollica di pane

Procedimento

Le alici vanno private della testa e dell’intestino e risciacquate bene.
Si lasciano scolare un po’.
In una padella un filo d’olio.
Adagiarvi le alici disponendole ordinatamente.
Un filo d’olio.
Intanto il pane si sarà sbriciolato e frammisto all’origano e all’aglio tritato.
Con esso si ricoprono le alici.
Un filo d’olio e un pizzichino di sale.

Pronti per la cottura

Si copre.
Qualche minuto a fuoco più che vivace.
Quasi in finale si scopre e si va con una spruzzata di aceto.
Si lascia evaporare.
In piatto.
.

Alice arrecanate

Parmigiana di melanzane caciocavallo, calamari…

Ingredienti (6 Porzioni):

2-3 melanzane grandi; 1 kg di salsa di pomodoro; 1/2 cipolla o aglio; 150gr di calamari, 150 gr di cozze, 400 g di caciocavalloo; 200 g di parmigiano; 1 ciuffo di basilico; origanosale; pepe; olio extravergine d’oliva

Preparazione:

1- Spellare le melanzane e tagliarle a fettine di 3-4 mm per il verso lungo. Metterle sotto sale grosso per circa un’oretta per eliminare il liquido amarognolo. Dopo di che lavarle e asciugarle per bene. Passarle prima nella farina 0 e poi nell’uovo se volete e friggere in abbondante olio.

Scolarle man mano che saranno ben dorate e asciugarle, tamponandole leggermente, su carta da cucina. Salarle solo alla fine.

2- In una padella mettere olio e aglio. Far rosolare e aggiunge i calamari a pezzettini, e le cozze. Far rosolare un pò aggiungendo origano e pepe. Versare la passata di pomodoro con due foglie di basilico e una macinata di pepe, salare e finire di cuocere la salsa  finchè sarà un pò densa.

3- Ungere una teglia con un pò della salsa, fare uno strato di melanzane, coprire con abbondante salsa cercando di versare tutti i frutti di mare. Coprire con caciocavallo grattuggiato e terminare con altre melanzane. Coprire con altra salsa e parmigiano grattuggiato. Mettere in forno a 200° circa per circa 50 minuti. Lasciatela intiepidire prima di servire.

Coprire con altre fette di melanzane (si può procedere a strati o accoppiare le fette “a panino”) e versare abbondante sugo. Procedere fino ad esaurimento degli ingredienti finendo con il sugo e una spolverata abbondante di parmigiano.

Cuocere in forno a 200° per 30-40 minuti. Lasciar intiepidire la parmigiana prima di servire. Nelle varianti con zucchine e è preferibile passare le verdure nell’uovo sbattuto dopo averle infarinate; la panatura darà maggior corpo alla preparazione Ingredienti:

2-3 melanzane grandi; 1 kg di salsa di pomodoro; 1/2 cipolla; 400 g di mozzarella fior di latte lasciata asciugare per un giorno; 300 g di parmigiano; 1 ciuffo di basilico; sale; pepe; olio extravergine d’oliva

La Parmigiana. Basta la parola per evocare in chiunque il ricordo di sapori multipli, di piaceri impareggiabili, di gioia del palato e delizie della tavola, ma anche di emozioni e immagini legate, più che al consumo, alla preparazione del piatto. Olfatto, vista, udito, tatto. Prima di toccare il gusto, la parmigiana investe violentemente tutti gli altri sensi. Un piatto, come si direbbe oggi, multi sensoriale, coinvolgente, tracotante. E che la parmigiana sia pietanza complessa e strutturata (basti pensare che è un fritto che diventa una portata al forno) lo dimostra anche il fatto che infinite sono le possibili variazioni sul tema, come sempre una per ogni luogo, quartiere, casa, nell’arricchirsi via via di sughi, polpettine (di carne), formaggi (parmigiano, pecorino), salumi (prosciutto o mortadella), nel tipo di frittura (melanzana liscia, solo infarinata o panata nell’uovo) o addirittura nella sostituzione dell’ingrediente principale quando alle melanzane subentrano zucchine o carciofi.

Passatina di ceci

Lasciare a bagno i ceci (400gr x 4 p) per una notte, poi cuocerli in abbondante acqua salata aglio (2 spicchi) e rosmarino, scolarli e passarli al setaccio fine. Alla purea di ceci unire un po’ d’acqua di cottura e regolare di sale.

I gamberi, puliti, sgusciati e privati del filo nero, vanno semplicemente cotti al vapore.

Sul fondo di ogni piatto mettere poca passatina di ceci, decorare con i gamberi e servire ben calda con un filo di olio extravergine di oliva e, se piace, una macinata di pepe.

Servite anche un paio di fette di pane tostato sulla griglia.

Zuppetta di cozze e cannellini

In una pentola larga scaldare uno spicchio d’aglio e un filo d’olio, unire le cozze e coprire con un coperchio. Lasciar aprire le cozze, unire il prezzemolo e una macinata di pepe, spegnere la fiamma e lasciar raffreddare.

Ricavare tutte le valve delle cozze e raccogliere il liquido di cottura, filtrarlo e tenerlo da parte con le cozze. Scaldare i fagioli cannellini con un filo d’olio, frullarli aggiungendo il liquido delle cozze ed eventualmente un po’ d’acqua. Poco prima della fine della cottura unire le cozze e il rosmarino fresco.

Servire la zuppetta tiepida versandone una mestolata nelle fondine e completando con  un filo d’olio e una macinata di pepe.

Ingredienti:

1 kg di cozze; 1 kg di fagioli cannellini già lessati; ; 4 spicchi d’aglio; 1 ciuffo di prezzemolo, 1 rametto di rosmarino fresco; olio extravergine d’oliva; sale; pepe nero.

Baccalà e patate

Lavate le patate e lessatele in acqua salata, inizialmente fredda. Mettete il baccalà in una casseruola, copritelo di acqua fredda, incoperchiate e fate prendere l’ebollizione regolando la fiamma a metà.

Appena l’acqua inizia a bollire, ritirate la casseruola dal fuoco e lasciate intiepidire il baccalà, completamente immerso nell’acqua. Se procederete in questo modo, il pesce si cuocerà perfettamente pur rimanendo morbido e soffice.

Quando le patate sono cotte, scolatele e pelatele. Tirate su il baccalà dall’acqua e appoggiatelo in un piatto quindi spellatelo, spinatelo perfettamente e sfaldatelo delicatamente con le mani in modo da ottenere delle belle scaglie di polpa.

Tagliate le patate a fette regolari non troppo sottili, salatele e disponetele armoniosamente sul piatto da portata, intervallandole con le scaglie di baccalà. Spellate gli spicchi d’aglio, privateli del germoglio interno e tritateli finissimi insieme al prezzemolo.

Scaldate leggermente l’olio [non deve assolutamente friggere] e versatevi il trito di aglio e prezzemolo, mescolate e, tenendo la fiamma al minimo, fate soffriggere per pochi secondi quindi, versate il tutto sul piatto di patate e baccalà distribuendolo con un cucchiaio. Servite la preparazione tiepida o fredda completando il condimento con una macinata di pepe.

 Pasta con le sarde
Squamare 400 g di sarde freschssime raschiandole delicatamente con il coltello, poi tagliare le pinne e staccare la testa con le interiora. Aprirle a libro, staccare la lisca e infine lavarle a asciugarle. Lavare 400 g difinocchietti selvatici ed eliminare la parte più dura dei gambi. Cuocerli da 15 a 20 minuti (secondo quanto sono piccoli e teneri) in abbondante acqua salata e tirarli su con la schiumarola, conservando l’acqua di cottura che servirà per la pasta. Tritarli a coltello.
Tritare finemente una grossa cipolla chiara e farla appassire dolcemente in una padella ampia con 4 cucchiai d’olio extravergine. Quando diventa trasparente unire 4 o 5 filetti di acciuga e farli disfare nell’olio caldo, poi aggiungere un cucchiaio colmo di pinoli e la stessa quantità di uvetta passolina (acini piccolissimi, blu-nero) fatta prima rinvenire in acqua tiepida e asciugata. Rialzare la fiamma e aggiungere le sarde lasciandone da parte 4 o 5. Cuocerle a fuoco vivace per pochi minuti mescolando in modo che si disfino e, di seguito, aggiungere i finocchietti e una o 2 bustine dizafferano diluite in mezza tazza di acqua di cottura della verdura (se siete benestanti, invece della bustina, andrà ancora meglio un bel pizzico di pistilli). 2 o 3 minuti di fuoco vivace e il sugo è pronto: abbondante e non troppo asciutto. Regolare il sale.
Tostare a color nocciòla 2 cucchiai di mandorle in una padella senza alcun condimento e tritarle finissime a coltello.
Riportare a ebollizione l’acqua di cottura dei finocchietti, calare 400 g di spaghettoni o calamarata e intanto cuocere in padella con un filo d’olio i filetti di sarde riservati, un paio di minuti per parte e salarli.
Scolare la pasta  molto al dente, versarli nella padella con i finocchietti e farli insaporire per un paio di minuti, mescolando. Distribuire la pasta nei piatti e cospargerla con la granella di mandorle. Completare con i filetti di sarde rosolati

Parmigiana di baccalà

Ingredienti

400 g di melanzane
300 g di baccalà già ammollato
300 ml di passata di pomodoro
2 spicchi d’aglio
40 g di pecorino
olio extravergine d’oliva
olio di semi per friggere
sale
pepe

Preparazione

In una pentola rosolate uno spicchio d’aglio. Togliete l’aglio ed aggiungete la passata di pomodoro ed un po’ di sale.
Fate cuocere una decina di minuti girando di tanto in tanto.

Tagliate le melanzane a fette spesse circa mezzo cm.

Friggetele in abbondante olio di semi insieme ad uno spicchio d’aglio.
Asciugate l’olio in eccesso.

Prendete il baccalà, dal quale avrete tolto la pelle e le spine,

e tagliatelo a fettine.
Prendete due terrine (o una sola un po’ più grande), fate uno strato di sugo e uno di melanzane. Aggiungete il baccalà,
il pecorino e un po’ di sugo. Continuate fino a terminare gli ingredienti. Sull’ultimo strato mettete abbondante sugo e pecorino, piu’ una spolverata di pepe.

Cuocete in forno preriscaldato ventilato a 200° per circa 15-20 minuti. Lasciate riposare almeno cinque minuti prima di gustare la vostra parmigiana di baccalà.

 

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