Il baccalà

l baccalà è merluzzo conservato sotto sale. Il pesce viene decapitato, aperto e poi disteso all’interno di barilotti, sotto sale.
Il nome pare derivi dal fiammingo kabeljaw, che significa bastone di pesce. Il merluzzo ha rappresentato per secoli una importante risorsa per i popoli del Nord: economico (almeno un tempo lo era), abbondante (ogni femmina depone circa tre milioni di uova per volta), nutriente, non deperibile, facilmente trasportabile.
Si ritiene tuttavia che i primi ad utilizzare la tecnica di conservazione sotto sale del merluzzo siano stati i popoli baschi nel 1400.
Il territorio più ricco di merluzzi è il cosiddetto «Grand Bank», una piattaforma continentale di ben 3.500 chilometri quadrati situata nell’Atlantico Settentrionale, al largo di Terranova e delle coste del Labrador.
Il baccalà e lo stoccafisso arrivano in Italia al tempo delle Repubbliche Marinare. La necessità di conservare il pesce sotto sale oppure essiccandolo nasceva dal fatto che pesca avveniva molto lontano dalle coste, così si dovette escogitare un modo per garantire la conservazione del pesce una volta tornati sulla terra ferma.
Il baccalà contiene il 30-35% di umidità e anch’esso, come lo stoccafisso, va ammollato in acqua per qualche giorno prima del consumo. Va conservato a temperatura di frigorifero, mentre lo stoccafisso, meno umido, può anche essere conservato a temperatura ambiente.
Dal punto di vista nutritivo il baccalà contiene una quantità di proteine superiore a quella della carne bovina, pochi grassi e poche calorie.
L’Italia è il primo consumatore mondiale di baccalà.

 images La salagione ne consente la conservazione per lungo tempo, ma la legge ammette l’aggiunta nel baccalà e nello stoccafisso di anidride solforosa e di solfiti come conservante e sbiancante, nella dose massima di 200 mg/kg. Questi conservanti possono essere dannosi se assunti in dosi non minime, è bene quindi non eccedere nel consumo di baccalà a meno di non essere certi della assenza di questi additivi.

Il baccalà essendo merluzzo ha caratteristiche  nutrizionali e di facile digestione, tipiche dei pesci; contiene particolari proteine e ricchezza di acidi grassi Omega 3 che riducono il cosiddetto colesterolo “cattivo” ed aumentano quello “buono”. Si tratta di un alimento sano in grado di sposarsi con diversi cibi grazie anche alla sua versatilità in cucina. Nei pesci la componente principale è proprio l’acqua che corrisponde alla metà o più del peso, escludendola e considerando solo la parte edibile possiamo affermare che il baccalà è composto da proteine e lipidi per la maggior parte, e da minerali, glucidi e vitamine.

Il Baccalà presenta un contenuto proteico maggiore della carne bovina e le proteine ricavate sono ad alto valore biologico. Inoltre, contiene la Lisina una componente fondamentale durante la fase di crescita dei ragazzi ma anche durante la fase di sviluppo del feto in gravidanza, grazie alle sue proprietà neuropsichiche e immunitarie.

La lisina o l-lisina è uno dei nove amminoacidi essenziali dei quali il corpo ha bisogno per funzionare correttamente, in quanto costituiscono i mattoni basilari per una sua crescita corretta. Tali amminoacidi non sono prodotti autonomamente dall’organismo e quindi devono essere assunti attraverso o una dieta ricca di proteine. La lisina fornisce una serie di benefici molto importanti, riveste un ruolo fondamentale nella produzione di anticorpi, che combattono le varie malattie eventualmente contratte, di ormoni della crescita e di enzimi, oltre che nella produzione di collagene, essenziale nella creazione di tessuti connettivi quali quello osseo, quello cartilagineo o quello cutaneo.

La lisina l-lisina è molto importante per la conservazione e l’assorbimento della giusta quantità di calcio, una sostanza che rafforza l’apparato scheletrico e contribuisce sicuramente a trattare l’osteoporosi, in quanto evita una eccessiva perdita di calcio attraverso l’urina.

Il contenuto lipidico presente nel baccalà è rappresentato soprattutto da acidi grassi polinsaturi Omega3 e Omega6. L’importanza degli Omega3 è ormai ben nota, il loro principio permette di regolare i vari livelli di colesterolo presenti nel sangue favorendo il colesterolo “buono” a discapito di quello “cattivo”. Questo acido grasso polinsaturo offre protezione contro malattie cardiovascolari, riduce i rischi di malattie degenerative, cardiache e di altre patologie più gravi come l’ictus, l’Alzheimer, il cancro e molte altre.

Il baccalà contiene le vitamine A, E, Vit. B1, B2, B3, B6 e C. La vitamina A è importante in quanto regola il funzionamento della vista e della retina, aiuta nella crescita e nella differenziazione dei tessuti durante la fase di sviluppo del feto, fondamentale nelle ossa per la loro crescita, protegge la pelle e la mantiene sana, funge da antiossidante contro i radicali liberi. La vitamina E ha un ruolo molto importante perché è un antiossidante che si sciogliendosi nel grassi blocca il processo di produzione dei radicali liberi prevenendo così il rischio di malattie cardiovascolari, rinforza le difese immunitarie e protegge dall’ossidazione. Aiuta e rinforza i processi della vitamina A. Le vitamine B1 B2 B3 B6 sono essenziali per il nostro fegato, esse ne regolano il normale funzionamento così come nel sistema nervoso. La loro caratteristica principale è quella di fornire energia al corpo tramite il processo di trasformazione dei carboidrati in glucosio. Sono fondamentali per la salute del fegato, degli occhi, dei capelli, della pelle e del tratto gastrointestinale. Ma cosa importantissima, hanno un valore fondamentale nel processo di metabolismo dei grassi e delle proteine. La vitamina C  è una vitamina di supporto al nostro sistema immunitario, è antinfiammatoria, aiuta i tessuti nel processo di cicatrizzazione, contrasta gli effetti del fumo, ha proprietà antiossidante, migliora il processo di assorbimento del ferro.

In maniera più ridotta, troviamo nel merluzzo i minerali quali il sodio, il potassio, il fosforo e il magnesio. Essi servono per regolare l’acqua nel corpo, controllare il regolare funzionamento dei muscoli, la pressione sanguigna, aiutano nelle operazioni di trasmissioni dei nervi, importanti nei processi di trasformazione e di sintesi delle proteine.

Recenti studi hanno dimostrato come il merluzzo e i derivati sono molto ricchi di Arginina, una sostanza che stimola la vasodilatazione aumentando l’apporto di sangue ai tessuti e diminuendo la pressione arteriosa in modo da far scorrere meglio il sangue in tutte le zone, genitali compresi. Questo processo aiuterebbe a dilatare i vasi sanguigni, a fluidificare lo scorrimento del sangue facilitando il riempimento dei corpi cavernosi e a migliorare così la prestazione sessuale.

 

 Breve storia del Cirò e del Buon Cirò

 Testo di Cataldo Calabretta, tratto da laterratrema.org       

“Siamo viticoltori da almeno quattro generazioni , negli anni sessanta, mio padre e mio nonno trasformavano circa 1.500 quintali di uve e vendevano il vino sfuso, poi mio padre ha iniziato l attività vivaistica viticola, e la cantina e andata in disuso, io finiti gli studi superiori ho studiato enologia e viticultura a Milano, e dopo essermi laureato ho lavorato per diversi anni in aziende vitivinicole in giro per l’Italia. Tre anni fa insieme alle mie due sorelle abbiamo deciso di ristrutturare la vecchia cantina di famiglia grazie agli aiuti comunitari, ed ora stiamo iniziando quest’avventura nel mondo del vino, da oltre 10 anni l’ azienda è condotta secondo i dettami dell’agricoltura biologica, abbiamo rinnovato i vigneti, continuando a coltivare il vitigno Gaglioppo, su terreni collinari situati nel cuore della DOC CIRO’ e allevati ad alberello, con grandi sforzi economici e tante ore di lavoro manuale in vigna. In cantina abbiamo recuperato le vecchie vasche in cemento, che a mio giudizio sono ottime per l’affinamento e la maturazione del vino CIRO’, non utilizziamo lieviti selezionati o attivanti di fermentazione di alcun genere, utilizziamo il meno possibile l ’SO2 , non pratichiamo chiarifiche , solo stabilizzazione tartarica a freddo statica e filtrazione prima dell’imbottigliamento con cartoni”.

Il territorio del Cirò rappresenta la realtà viticola più importante in Calabria per superficie e storia , la vite si coltiva in questo territorio sin dai tempi delle colonie greche, dove oggi si coltivano le vigne un tempo sorgeva krimisa , antica colonia greca. Poi alla caduta dell’impero Romano, le campagne furono abbandonate, il ritorno della viticoltura nel territorio cirotano ricompare dopo il 550 a.c. , quando Giustiniano riconquista queste terre dal dominio Visigoto, al suo seguito, i padri Basiliani e le popolazioni di origine Armena , danno un nuovo impulso alla produzione di vino, e in questo periodo che viene fondata Ypsicron , odierna Cirò; via via nei secoli vengono selezionati i vitigni che meglio si adattano a questo terroir, su tutti il Gaglioppo, vitigno principale della DOC Cirò. Il territorio cirotano e quello tipico della costa ionica Calabrese; strette lingue di terra pianeggiante, che finiscono sulle spiagge del litorale, e a ridosso di queste pianure i terreni collinari attraversati dalle fiumare, e su queste colline che si coltivano i migliori vigneti, allevati ancora oggi ad alberello.
L’officina del vino di relazione
“La cosa più importante di ogni bottiglia è la storia del produttore, come lavora in campagna o in cantina”. La filosofia e l’universo valoriale di Officina Enoica, l’associazione culturale che cura la nostra “Guida al vino critico” e -da oggi- il blog Vino critico, in una intervista a Gianni Camocardi

di Luca Martinelli – 26 marzo 2015
TRATTO DA Officina Enoica

“La cosa più importante in un vino è la storia del produttore, come lavora in campagna o in cantina. Quando il prodotto è davvero artigianale, e quindi il suo gusto non è omologato, non può necessariamente andare bene a tutti, ma la vicenda umana che racconta, quella è un’altra cosa”. Gianni Camocardi è il presidente e l’anima di Officina Enoica, associazione culturale nata a Milano 8 anni fa “per parlare di vino in modo diverso, e farlo tutto l’anno, quando ancora lo facevano in pochi, e il mondo del ‘critical wine’ era limitato ad alcune fiere -la Terra Trema al Leoncavallo di Milano, Enotica al Forte Prenestino di Roma- e a percorsi finalizzati alla durata delle manifestazioni”. Da due anni, Officina Enoica cura per Altreconomia edizioni la redazione della “Guida al vino critico”, un “raccolto” di queste storie, la prima guida al “vino di relazione”.

Quest’ultima è una parola centrale nella scala valoriale di Officina Enoica, un centinaio di soci tra vignaioli e amici in tutta Italia. Intanto, spiega Gianni, “eravamo e siamo un gruppo di persone che condividono un interesse all’incontro con le persone, nel costruire reti, a partire dai vini. Ci invitano, ad esempio, i gruppi d’acquisto solidali (Gas). Raccontiamo loro che c’è un modo di bere diverso; andiamo ovunque ci ospitino, parlando rigorosamente di vini italiani”.

Tra gli ultimi incontri, c’è quello con il Gas “Filo di paglia”, uno dei gruppi d’acquisto solidali di Milano, composto da 80 famiglie. “Prima di scegliere un produttore ci siamo presi un impegno di girare insieme le aziende per un anno, una al mese” racconta Gianni. È questo, del resto, un altro degli obiettivi di Officina Enoica: “Portare una parte di città in campagna, e viceversa; portare i produttori, specie i più piccoli e sconosciuti, a incontrare direttamente chi potrebbe avere necessità di acquistare i suoi prodotti, saltando la filiera della distribuzione. La finalità di questo tipo di azione non è solo economica, ma è un percorso culturale”.

Che dovrebbe portare a cercare, per le bottiglie che entrano nella propria cantina, la naturalità del vino, cioè un prodotto che -prima di tutto- si fa in campagna, con il diradamento, senza cercare alte rese, evitando l’utilizzo di prodotti chimici, e poi in cantina, usando le tecniche meno invasive possibili, non solo dal punto di vista chimico ma anche meccaniche. “Crediamo nella certificazione biologica e biodinamica come punto di partenza, non di arrivo” riassume Gianni.

Queste caratteristiche sono chiare sfogliando la “Guida al vino critico”, che è senz’altro un prodotto atipico tra le tante pubblicazioni che escono puntuali ogni autunno: “Non abbiamo voluto parlare di vini, perché la storia del vignaiolo è più importante, così come conoscere il suo territorio, seguire il suo percorso. Conosciamo i prodotti di tutte le cantine recensite, che abbiamo provato in un periodo degustazione durato anni, frequentando cantine e fiere, perciò non avrebbe senso ‘classificare’ le etichette. Anche perché, ed è una cosa che non abbiamo mai voluto fare, non ci facciamo inviare campioni”. Officina Enoica è un’associazione di volontariato. Le relazioni con i vignaioli sono reali.
“A noi non serve dare premi, giudizi: tutte le cantine in guida sono buone. Per noi la cosa più importante è proprio il feedback dai produttori: alcuni ci raccontano di persone arrivate a visitarli in cantina con la ‘Guida al vino critico’ in mano”.

La guida ha una gemella, ovvero la fiera Vinissage, che da 9 anni si svolge ad Asti. La prossima edizione è in programma il 23 e 24 maggio. “Da 7 anni, siamo a fianco del Comune di Asti per questa che è una operazione culturale. Si tratta della manifestazione meno cara per i vignaioli, che pagano 100 euro per l’ingresso. Il Comune lascia ad Officina Enoica carta bianca sulla scelta dei produttori, selezionati secondo i criteri della ‘Guida al vino critico’: intanto sono biologici o biodinamici certificati o in conversione; poi sono produttori artigiani, in quanto producono o trasformano esclusivamente le proprie uve, non acquistandone da terzi. Per molti produttori Vinissage è stato un trampolino, una sorta di palestra prima di affacciarsi sul mercato nazionale”. Quest’anno l’ingresso costa 10 euro. Compreso nel prezzo anche un buono sconto -da 5 euro- da spendere all’interno della manifestazione.

La birra, cenni storici

Oggi ci capita spesso di vedere come i birrai siano trattati quasi alla stregua delle più famose rock star.Il successo della birra artigianale nel mondo e l’esplosione dei mezzi di comunicazione di nuova generazione permettono ai professionisti del settore una visibilità senza precedenti, al punto che si arriva spesso a elevarli al ruolo di miti e guru. Se poi gli stessi hanno ottime capacità comunicative, il gioco è fatto: in questo i birrai americani sono maestri, ma lo stesso si può dire per tanti colleghi del resto del mondo, anche italiani. Ma se davvero vogliamo parlare di miti dell’arte brassicola e di birrai storici, allora dobbiamo guardare al passato. Nel post di oggi riportiamo la storia di sei esponenti del settore che hanno davvero scritto la storia della nostra bevanda. Buona lettura.

  • Joseph Groll (1813 - 1887)

     Come non partire allora dal birraio più importante della storia, se non altro per aver creato lo stile più rivoluzionario di sempre. Josef Groll era un birraio bavarese, ma ottenne fama nella città boema di Plzen (oggi in Repubblica Ceca) quanto fu ingaggiato da Martin Stelzer della Burgher’s Brewery per creare una nuova tipologia di birra. Groll impiegò i lieviti a bassa fermentazione della Baviera con i malti cechi, il locale luppolo Saaz e la peculiare acqua di Plzen: il risultato fu quella che oggi è conosciuta in tutto il mondo con il nome di Pilsner Urquell. Lo stile Pils (o Pilsner, dalla sua città natale) cambiò radicalmente il gusto dei consumatori, perché di colore chiaro ed elegante e di gusto deciso ma equilibrato. In realtà è difficile pensare che una sola birra sia stata in grado di modificare in modo così profondo le abitudini dei bevitori, è però indubbio che la creatura di Groll giocò un ruolo di primo piano in questa trasformazione.

    La Urquell afferma che la sua è stata la prima birra chiara della storia, ma è un falso storico. Prima di Groll diversi birrai stavano sperimentando l’uso dei malti chiari e i pionieri furono addirittura gli inglesi. Oggi la stragrande maggioranza di birre in commercio (quindi parliamo di industriali) si ispira alle Pils, sebbene spesso non siano altri che volgari scimmiottamenti. Nonostante il successo ottenuto con la sua birra, a Groll non fu rinnovato il contratto, che scadette nel 1845. Così decise di tornare a casa e lavorare presso il birrificio del padre (anch’egli birraio). L’enciclopedico Oxford Companion to Beer ci dice che Groll morì nel 1887, mentre era seduto a uno dei tavoli del suo pub preferito.

    Joseph Groll (1813 - 1887)
  • Gabriel Sedlmayr II

    Gabriel Sedlmayr II può essere considerato uno dei più grandi geni della storia della birra, capace di grandi intuizioni e innovazioni fondamentali. Nel 1839, dopo la morte del padre (altro grande birraio), subentrò insieme al fratello alla guida del birrificio Spaten – che forse conoscerete per essere una delle “sei sorelle” bavaresi ammesse all’Oktoberfest. In realtà la sua storia brassicola iniziò ben prima e possiamo far risalire agli inizi degli anni ’30, quando si imbarcò in un viaggio tra diversi birrifici europei. In questa occasione conobbe l’austriaco Anton Dreher con cui strinse amicizia e con il quale attuò una strategia di “spionaggio industriale”: a ogni visita i due prelevarono di nascosto piccoli campioni di birra, che poi analizzarono successivamente. Le informazioni permisero loro di affinare le proprie conoscenze sulla fermentazione e di creare uno nuovo malto e un nuovo stile birrario ciascuno: Dreher mise a punto il malto Vienna e lo stile omonino, Sedlmayr il malto Munich e lo stile delle Marzen.

    Un altro momento fondamentale nella storia di Sedlmayr fu quando convinse il professore d’ingegneria Carl Linde a installare le sue avveniristiche macchine refrigeranti nelle sale di fermentazione e maturazione di Spaten. Così il birrificio bavarese divenne probabilmenteil primo a impiegare strumenti di refrigeramento nel processo brassicolo, ottenendo vantaggi impressionanti a livello di qualità produttiva e di gestione del prodotto. Questa innovazione contribuì a trasformare Spaten nel più grande birrificio della Baviera 

    Gabriel Sedlmayr II
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  • Gabriel Sedlmayr II (1811 – 1891)

    Five stars for this theme. Awesome design and great, quick support.

    Gabriel Sedlmayr II (1811 – 1891)
  • Joseph Groll (1813 - 1887)

     Come non partire allora dal birraio più importante della storia, se non altro per aver creato lo stile più rivoluzionario di sempre. Josef Groll era un birraio bavarese, ma ottenne fama nella città boema di Plzen (oggi in Repubblica Ceca) quanto fu ingaggiato da Martin Stelzer della Burgher’s Brewery per creare una nuova tipologia di birra. Groll impiegò i lieviti a bassa fermentazione della Baviera con i malti cechi, il locale luppolo Saaz e la peculiare acqua di Plzen: il risultato fu quella che oggi è conosciuta in tutto il mondo con il nome di Pilsner Urquell. Lo stile Pils (o Pilsner, dalla sua città natale) cambiò radicalmente il gusto dei consumatori, perché di colore chiaro ed elegante e di gusto deciso ma equilibrato. In realtà è difficile pensare che una sola birra sia stata in grado di modificare in modo così profondo le abitudini dei bevitori, è però indubbio che la creatura di Groll giocò un ruolo di primo piano in questa trasformazione.

    La Urquell afferma che la sua è stata la prima birra chiara della storia, ma è un falso storico. Prima di Groll diversi birrai stavano sperimentando l’uso dei malti chiari e i pionieri furono addirittura gli inglesi. Oggi la stragrande maggioranza di birre in commercio (quindi parliamo di industriali) si ispira alle Pils, sebbene spesso non siano altri che volgari scimmiottamenti. Nonostante il successo ottenuto con la sua birra, a Groll non fu rinnovato il contratto, che scadette nel 1845. Così decise di tornare a casa e lavorare presso il birrificio del padre (anch’egli birraio). L’enciclopedico Oxford Companion to Beer ci dice che Groll morì nel 1887, mentre era seduto a uno dei tavoli del suo pub preferito.

    Joseph Groll (1813 - 1887)
  • Gabriel Sedlmayr II

    Gabriel Sedlmayr II può essere considerato uno dei più grandi geni della storia della birra, capace di grandi intuizioni e innovazioni fondamentali. Nel 1839, dopo la morte del padre (altro grande birraio), subentrò insieme al fratello alla guida del birrificio Spaten – che forse conoscerete per essere una delle “sei sorelle” bavaresi ammesse all’Oktoberfest. In realtà la sua storia brassicola iniziò ben prima e possiamo far risalire agli inizi degli anni ’30, quando si imbarcò in un viaggio tra diversi birrifici europei. In questa occasione conobbe l’austriaco Anton Dreher con cui strinse amicizia e con il quale attuò una strategia di “spionaggio industriale”: a ogni visita i due prelevarono di nascosto piccoli campioni di birra, che poi analizzarono successivamente. Le informazioni permisero loro di affinare le proprie conoscenze sulla fermentazione e di creare uno nuovo malto e un nuovo stile birrario ciascuno: Dreher mise a punto il malto Vienna e lo stile omonino, Sedlmayr il malto Munich e lo stile delle Marzen.

    Un altro momento fondamentale nella storia di Sedlmayr fu quando convinse il professore d’ingegneria Carl Linde a installare le sue avveniristiche macchine refrigeranti nelle sale di fermentazione e maturazione di Spaten. Così il birrificio bavarese divenne probabilmenteil primo a impiegare strumenti di refrigeramento nel processo brassicolo, ottenendo vantaggi impressionanti a livello di qualità produttiva e di gestione del prodotto. Questa innovazione contribuì a trasformare Spaten nel più grande birrificio della Baviera 

    Gabriel Sedlmayr II
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  • Gabriel Sedlmayr II (1811 – 1891)

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