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             Per chi ama il Bello sotto il segno del Buono e del Sano

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“Promuovere e valorizzare il territorio con i suoi prodotti, promuovere e valorizzare i prodotti con il territorio”, questa è la proposta. Non una banale e semplice enobirreria  ma un luogo, dove territorio e artigiani  del cibo insieme, contribuiscono in maniera sostenibile e innovativa a salvare il cibo buono,  sano e “mangiari” insieme._DSC2824

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La carta dei vini

Crediamo nel vino buono che rispetta la terra. Crediamo nel bere bene senza esagerare, degustando in compagnia, ricercando solo il piacere di un buon bicchiere. Crediamo in un ricarico del prezzo equilibrato quindi chiedeteci il tappo, saremo contenti di preparare la vostra bottiglia non finita per portarla con voi.

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Nella carta dei vini ci sarà una fetta consistente della Calabria che produce e racconta di vitigni storici, cantine giovani, aziende che sono una identità territoriale e nuove sfide nel campo della enologia regionale tra cui:  

‘A Vita, Malaspina, Arcuri,  Ceraudo, L’ Acino,Cote di Franze, , Calabretta,Terre del Gufo, ,Viola, ‘A Vita, Casa Ponziana, Stelitano, Benvenuto.

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Wines of Calabria
Wine production has a millenary history in the Calbria region and was present much before greek colonization which commenced around the 8th century B.C. Today the areas which produce the most wine are the coastal areas, not only along the Ionian Sea but also on the Tirrenean. The most popular vines are those of the black berry type, in particular the Gaglioppo, the Magliocco (an antique native vine), the Nerello Mascalese, the Nerello Cappuccio and the Greco Nero. Amongst white vines, the Greco Bianco, the Tuscan Trebbiano, the Montonico and the Guernaccia. In the cirotan area you can find vines more genuine vines thanks to the main vine gaglioppo, called Cirò, which needs to be protected because of its specific identity. Zibibbo is a white, sweet wine produced at Pizzo and in few areas in Calabria; the grape which has the same name is of oriental origin, a large, white berry, which can be made to wither: this is a wine not only a dessert wine. In the Reggio area you can find shriveled grapes, another great wine used to accompany cakes and pastries: the Greco di Bianco. A good muscat can be found at Frascineto, Spezzano Albanese e Saracena. New producers, small artisan enterprises are now emerging and having no or little impact on the environment and landscape, promoting the values of nature and panoramas, using organic coltivations respeting “genius loci”, evoking “Enotria tellus” or in other words “the Land of wine”. A restless Calabria of enormous potential, much of which still needs to be expressed.

Traditional specialties of popular cooking grandma’s
Potato omelette of Fiumefreddo, even if this is the name, does not use eggs. It is an antique farmer recipe cooked with potatoes, oregano, basel, garlic, some chili peppers, some flour and a sprinkle of grated pecorino. It was known as “ U mursieddu” (it was eaten in large bites), farmers used to take it with them in the fields for luch together with wine and bread.
And then, filiciata ( curd in ferns ), eggplant meatballs, black pig salame, pecorino chees of Monte Poro, ‘nduja of black pig, caprinifresh cheese of Campora, caciocavallo cheese from Ciminà (Slow Food recognition).
The peculiarity of the black calabrese is that it grows “slowly” in a natural state, not to be confounded with the traditional, fattened pink pig.

Benvenuti ‘A Piazzetta

ASPETTANDO BACCO e NON SOLO:

  • Frittata di patate di Fiumefreddo con patate silane Dop,
  • Parmigiana di melanzane, di zucchine, caponata, polpette di melanzane,
  • Friselle con pomodori di Belmonte, olive, capperi, alici di Cetara e cipolla di Tropea,

TRA UN BICCHIERE E L’ALTRO

Formaggi calabresi    

  • Pecorino del Monte Poro, fresco, semi stagionato, stagionato (piatto con 3 formaggi)
  • Caprini dell’Azienda Santanna di Anna Procopio (piatto con 5 formaggi)
  • Caciocavallo di Ciminà (Presidio Slow Food)
  • Piatto misto: i formaggi vengono serviti abbinati a una vellutata di peperoncino

Salumi calabresi

Salumi del Territorio provenienti da Nero di Calabria compreso Capicollo grecanico e il Gammune di Belmonte

  • Piatto misto: i salumi vengono serviti abbinati a melanzane e cipolle

Dolce

  • Vero tartufo artigianale di Pizzo
  • Dolce della casa

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La Bottega “Saperi e Sapori”… per cibarsi e bere… uno stile di vita… un’idea … un territorio!

Con “Percorsi di saperi e sapori” ideata dall’Associazione “ledonnescelgono”; eventi sul libro, degustazione di vini bio, birre artigianali, promozione e valorizzazione dei prodotti d’eccellenza e artigianali.  
La Bottega e A Piazzetta si propongono, con spirito mutualistico, di assicurare la promozione, produzione e commercializzazione al minuto di prodotti alimentari, artigianali e simili provenienti  da aree svantaggiate ed in parte dalle cooperative sociali e da altre organizzazioni non profit; e di altri prodotti provenienti da agricoltura biologica e da piccoli produttori solidali le cui condizioni di produzione siano state, comunque, eque per i produttori, rispettose dell’ambiente e senza lo sfruttamento da parte di uomini su altri uomini. La Bottega, A Piazzetta, ConVivio e la Residenza Vicogranatello svolgeranno attività finalizzate alla realizzazione di un modello di turismo sostenibile alternativo non basato sullo sfruttamento indiscriminato delle risorse ed attento ai cicli ecologici

Il cibo da strada

Il classico street food fiorentino ha grande successo sui banchi dei trippai: il panino con il lampredotto (“gala” e “spannocchia”, stomaco del bovino) è un’istituzione per turisti e residenti. Si serve  con sale e pepe, con salsa verde oppure olio piccante.  A Palermo, capitale europea del cibo di strada,  al quinto posto nel mondo, secondo la rivista americana Forbes, dopo Bangkok, Singapore, Penang e Marrakech, non tramonta il leggendario pani câ meusa: milza (e qualche volta polmone) di vitello lessata e ripassata nella sugna e condita con ricotta salata.  Nella tradizione padana (e non solo) il quinto quarto è di maiale: a Isola Dovarese , in provincia di Cremona, si festeggia il Carnevale con frattaglie, fegato, cuore, piedi, cotiche, lingua, reni cucinati in piazza, mentre a Bergamo Alta,  la coda di manzo viene servita con insalatina di germogli  e petali di fiori, la lingua con gelato al cetriolo ed extravergine calabrese. In origine pajata e ritagli costituivano a Roma  il piatto  degli “scortichini”, gli operai del  mattatoio di Testaccio: la loro paga giornaliera era di un soldo più un sacchetto contenente gli scarti delle carni macellate (interiora, zampe, lingua).  Gli osti del rione li trasformavano in pietanze caserecce con cui gli operai potevano sfamare le famiglie. Ma le frattaglie diventano presto  un piatto gourmet da dopoteatro: all’uscita del Valle andavano tutti a mangiare trippa e cervello di agnello al Falcone, in piazza Sant’Eustachio, antica trattoria citata dal Belli nei suoi sonetti. Lo scrive nel 1841 l’erudito viaggiatore Antoine Claude Pasquin (noto con lo pseudonimo Valery) in “L’Italie confortable”.  Una Roma sparita in cui gli abitanti dei rioni si distinguevano con il nome delle interiora: “ I Trasteverini erano chiamati Magnaventricelli, quelli che popolavano la zona vicino al Tevere erano Magnafritto e Corata, i Regolanti, insediati nel rione Regola di fronte a Trastevere, sulla riva sinistra del fiume, erano canzonati come Magnacode, riconoscendo loro la priorità sull’usanza di cucinare la coda”, racconta Lejla Mancusi Sorrentino nel libro “Er mejo de la cucina romana”.

U Morzeddhu

Le origini del Morzello sono da ricercarsi a Catanzaro e provincie tra le cittadine di Catanzaro, Tiriolo e Taverna anche se il nome della pietanza deriva dallo spagnolo “al muerzo”. La leggenda  del Morzello narra che una donna di nome Chicchina, dopo aver perso il marito ed essere rimasta sola con i suoi figli dovette adattarsi a fare i lavori più umili per tirare avanti. Nel periodo di Natale, la donna fu chiamata a pulire il cortile dove venivano macellati gli animali e a raccogliere le frattaglie da smaltire . Poiché versava in una condizione di miseria, si avvicinava la vigilia di Natale e non sapeva cosa preparare per il pranzo di Natale, per cui decise di pulire per bene tutte le frattaglie per farne una “zuppa di carne” e la chiamò così perché la carne è tagliata in piccoli pezzi (in dialetto catanzarese “morzha morzha”).

Gli ingredienti più antichi di questo piatto sono: il cuore di vitello , i polmoni, la milza, il fegato, lo stomaco, la trippa e  l’intestino ( non  più utilizzato perché per essere pulito alla perfezione richiede particolari procedimenti ed esperienza), concentrato di pomodoro, peperoncini piccanti, sale, origano, e alloro. Può essere servito , come vuole la tradizione, nella morbidissima pitta detta “a ruota di carro” (pane casereccio di forma circolare con una circonferenza interna abbastanza ampia, cosi che il pezzo tagliato risulti lungo e stretto). La pitta catanzarese è probabile derivi dalla “pita” (in Ebraico פִּתָּה o פיתה, in Arabo كماج , in Greco πίτα) un tipo di pane piatto lievitato e rotondo. La pita, insieme ad altri tipi di pani piatti è un cibo tradizionale delle cucine del Medio Oriente e del Mediterraneo e si ritiene abbia avuto origine nell’Antica Siria. Nei dizionari italiani il termine “pita” è comparso nella seconda metà del ‘900, con riferimento soprattutto alla cucina greca e a quella araba. Sebbene alcuni linguisti facciano derivare la parola dal greco moderno che significa “torta”, “dolce” oppure “pane”, altri pensano derivi dall’ebraico פת (pat), che significa “pagnotta” o “pezzetto”. Infatti la parola “pita” (פיתא), esiste ancora nell’aramaico del Talmud babilonese ed indica il pane in generale.

 

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